Il letto è sfatto. Lei è completamente nuda, c’è una lampada a olio accesa e una falena – farfalla simbolo di morte, ma anche di trasformazione e ricerca di luce – che svolazza, forse la infastidisce. Ma è sola, la ragazza? Oppure c’è un uomo, da qualche parte, che la osserva?
Un altro dipinto di Balthus, protagonista di questo articolo, è ancor più sfacciatamente erotico, ma allo stesso tempo misterioso ed enigmatico. La chambre vede un’altra ragazza, questa volta riversa su una poltrona o una chaise longue verde, sopra un mobile un gatto guarda la terza figura che forse è una donna, forse un nano, come l’ha interpretata qualcuno. Quest’ultima scosta la pesante tenda e un raggio di luce bianca illumina il corpo nudo della ragazza – che porta solo le calze, dettaglio straordinariamente impudico –, ne evidenzia le forme ancora immature, ne sottolinea l’abbandono assoluto.
Di Balthus si è detto e si è scritto molto, se ne sono anche censurate le Polaroid con cui, in età avanzata, fissava i nudi femminili per poi poterli dipingere nel suo studio. Dei suoi dipinti si sono indagati gli aspetti psicanalitici e simbolici, i suoi modelli letterari (crebbe passando molto tempo, da bambino, con Ranier Maria Rilke) e la sua folgorazione per la tecnica pittorica di Piero della Francesca, che cercò di trasporre nei propri quadri. Si conoscono bene anche le vicende familiari e il suo rapporto con il fratello Pierre Klossowski. Le due grandi mostre italiane, la prima a Palazzo Grassi a Venezia e la seconda a Roma, alle Scuderie del Quirinale, hanno svelato la potenza della sua arte, contestualizzandolo sì nella sua epoca (Balthus nasce a Parigi nel 1908 e muore a Rossinière nel 2001) ma riconoscendolo come un unicum, quasi senza tempo.
Certo, non ha dipinto solo scene erotiche, di quell’erotismo che non documenta un atto sessuale vero e proprio, ma che fa trasparire il desiderio di chi ha dipinto, e suscita il desiderio in chi guarda. Ma molte delle sue opere ruotano proprio attorno a questo: al corpo femminile che si abbandona al piacere mentre la mente sogna, a stanze dove la protagonista è quasi sempre una ragazza nuda che sonnecchia, che si prende cura del suo corpo o che si osserva allo specchio il quale, forse, è il vero spettatore.
Negli anni della formazione di Balthus, come scrive Alfred Springer in catalogo, “la sessualità e la concezione politica della vita sessuale costituivano argomenti centrali del dibattito socio-politico ed estetico”. Il pittore probabilmente non fu estraneo all’argomento e alla psicanalisi e l’aria perturbante e misteriosa dei suoi quadri alimentano ancora oggi le interpretazioni sui loro soggetti e sulle loro finalità. Quel che è certo, è che i nudi voluttuosi, spesso acerbi, di Balthus, rappresentano scenari di immaginazione erotica che catturano lo sguardo e i sensi.
Copertina: Balthus, La Phalène, 1959-1960, Donation André et Henriette Gomès, 1985, Paris, Centre Pompidou, Centre de création industrielle, © Balthus, © Centre Pompidou, MNAM-CCI, Dist. RMN-Grand Palais/Jacques Faujou