“Accuratamente impressi in rosso e nero saranno graziosi volumetti ben rilegati in pergamena-papirus ed adorni di illustrazioni e di fregi originali […] una sobria ed avveduta appendice bibliografica […] un pane spirituale veramente indispensabile per tutte le persone amiche della cultura […] l’ornamento più ambito, più ricco e meno dispendioso per tutte le biblioteche e per tutte le case […] i focolai donde uscirà la dignità nuova e la nuova forma della Patria”. Così, agli albori del Novecento, l’editore Angelo Fortunato Formiggini tracciava il piano programmatico della prima delle sue collane: i Profili.
Tra i caratteri di un perfetto prodotto librario, il modenese indicava un sistema iconografico appositamente creato – originale – e per questo compito scelse un artista che, nella cultura provinciale della città padana, mostrava un’indole affine alla propria: innovativa, controcorrente, fervida di intuizioni, difficile da conciliare con tradizioni pesanti come macigni. Alberto Artioli, pittore dalla breve esistenza e padre del più noto Alfonso, siglò così creazioni destinate non solo alle copertine, ma anche agli interni, come testatine e capilettera di gusto Art Nouveau, nutriti dalla lezione preraffaellita e dal modello di Beardsley. Sue le elaborazioni della marca tipografica – sempre col motto Amor et labor vitast – nella versione circolare con monogramma inclusa al frontespizio o in quella, rettangolare, concepita come decoro del piatto posteriore. Tutti i volumi usciti dal 1909 alla metà degli anni Trenta, ma anche le successive ristampe persino dopo il passaggio della pubblicazione all’editore Bietti, recano in copertina e al frontespizio la cornice disegnata da Artioli, risultato di una felice armonizzazione tra dettagli desunti dall’arte antica e un tratto dominato dal dinamismo di linee curve proprio del più attuale Liberty.
Il suo successo – nonché il suo potere identificativo – nell’ambito della grafica editoriale di Formiggini è segnato dalla fedele ripresa nelle copertine di un’altra collezione, inaugurata nel 1924: le Medaglie. L’analogia illustrativa con i Profili – contenenti brevi biografie di vari protagonisti del mondo artistico, letterario, politico, etc. – non era casuale e le motivazioni della scelta sono indice di fine intelletto: “Le Medaglie […] dedicate alle figure del nostro tempo; ai viventi. […] sono dei piccoli Profili […] biografie più brevi e in certo senso provvisorie, dedicate alle figure per le quali la storia non ha pronunciato ancora un giudizio definitivo”.
L’esperimento dei Profili gettò le basi per quella che sarebbe divenuta l’impresa editoriale per eccellenza del modenese: i Classici del ridere. L’importanza della comicità per Formiggini meriterebbe un’ampia trattazione, qui basti ricordare la sua definizione del riso come “il più specifico elemento diagnostico del carattere degli individui”, ma ciò che nell’analisi degli aspetti illustrativi occorre evidenziare sono i nomi degli artisti chiamati a realizzare i sistemi iconografici: Attilio Mussino, Emilio Mantelli, Gustavino, Benito Boccolari, Alberto Martini, Bruno Angoletta, Giulio Cisari per citare solo i più famosi.
Tutti i grandi del settore nella prima metà del Novecento che, grazie ai loro racconti per immagini, resero i Classici una delle prime collane illustrate con una consapevole pretesa d’arte. L’ennesima – geniale – trovata di Formiggini.
Copertina: Luigi Di San Giusto, Gaspara Stampa, Modena, A. F. Formiggini, 1909. Collana Profili, n. 3. Copertina, foto @ Alessandro Sgarito