Per visitare un museo talvolta bisogna ascendere una scalinata monumentale, anzi due: la prima, progettata per il Palazzo della Pilotta di Parma dall’architetto dei duchi Farnese Simone Moschino attorno al 1608, porta al triplice ingresso della Galleria Nazionale, del Teatro Farnese e della Biblioteca Palatina. Dopo aver varcato la soglia di quest’ultima, altre rampe conducono all’ultimo piano del complesso monumentale dove, in un’unica enorme sala dalle cui finestre si può ammirare una veduta mozzafiato della città, è ospitato il Museo Bodoniano.
Un vero e proprio gioiello – poco conosciuto peraltro – che racconta la vita di Giambattista Bodoni, celebre tipografo nato a Saluzzo nel 1740 e morto proprio a Parma nel 1813, attraverso l’immenso patrimonio di libri, carte d’archivio, strumenti di lavoro acquistati per volere del bibliotecario illuminato Angelo Pezzana dagli eredi, con lo scopo di conservarli nel luogo dove sono stati ideati e di farne un nucleo irrinunciabile della storia del libro a Parma e nel resto del mondo.
Ma partiamo dalla fine di questa vicenda: cosa resta oggi, di Bodoni? Restano dei volumi stampati con un’eleganza impareggiabile, che quando furono creati da Giambattista, rappresentarono una vera e propria rivoluzione grafica: equilibrio e semplicità si sposano con un senso delle proporzioni esatto, con carte di altissima qualità, con una maniacale cura nei confronti della correttezza dei testi. Da sempre, le edizioni bodoniane sono sinonimo di prestigio, classicità, arte vera e propria. E resta un font: quello che possiamo usare scegliendolo dalla libreria dei caratteri installati sul nostro computer e che viene usato da tutti i maggiori brand che vogliono trasmettere l’idea del bello e dell’italianità: il logo di Valentino, ad esempio, la testata della rivista “La cucina italiana”, il marchio di “Vogue” e di Lancia.
Percorrendo le sezioni del museo si può quindi scoprire cos’era la stampa prima dell’arrivo di Bodoni a Parma, chiamato presso la corte borbonica nel 1768 dal ministro Du Tillot e dall’allora “consulente culturale” Paolo Maria Paciaudi, per poi osservare nei dettagli come il tipografo lavorava: dal disegno delle lettere alla fabbricazione dei punzoni, quindi delle matrici e infine della fusione di migliaia di singoli caratteri – tutti fatti a mano, uno alla volta – con cui poi era possibile comporre la grafica e il testo della pagina e infine stamparla tramite un torchio, procedimento ancora noto come stampa a caratteri mobili.
Naturalmente non mancano i veri protagonisti di tutto ciò: i libri. Esemplari raffinatissimi stampati su seta o su pergamena, ma anche quelli su carta comunicano l’aspirazione di Bodoni verso la perfezione. Ecco allora la Descrizione delle feste celebrate in Parma, vero e proprio omaggio tipografico allestito dal tipografo in occasione delle nozze tra Ferdinando di Borbone e Maria Amalia d’Austria del 1769, poi i classici latini e greci prodotti per la corte di Napoli, gli antichi fogli della “Gazzetta di Parma” e, uscito postumo per i tipi della vedova, il Manuale tipografico: autentica summa della carriera di Bodoni, che impegnò gli ultimi anni della sua vita per comporre quest’opera che conserva come uno scrigno prezioso il genio di un uomo che mutò per sempre il design del libro.
www.museobodoni.beniculturali.it
Copertina: Veduta del Museo Bodoniano di Parma