di Michela Allesandrini
Luigi Magnani, creatore della Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (PR), è stato uno dei più grandi intellettuali del Novecento: celebre collezionista di opere d’arte, fu accompagnato durante tutto il viaggio della sua vita da una grande passione, la musica. La madre Eugenia lo avvia, sin da piccolo, allo studio del pianoforte e la sua formazione musicale prosegue grazie a eccellenti maestri, quali Alfredo Casella e Raffaele Casimiri, che fanno di Magnani un discreto compositore: scrive per voce e pianoforte I Canti di Michelangelo mentre per voci sole I cori della Passione, oltre a Passacaglia e Pavane, quest’ultima eseguita nell’ottobre del 1952 presso il Teatro San Carlo di Napoli.
Grazie a un recente progetto di ripristino e valorizzazione del patrimonio di casa Magnani, voluto dal direttore della Fondazione Stefano Roffi, sono stati riordinati e catalogati anche i quattrocento vinili appartenuti al professore. Nella sua discoteca compaiono molteplici copie dell’Arte della fuga di Bach e tutte le opere di Mozart; di quest’ultimo, Magnani apprezzava “l’intima vitalità e freschezza della musica, lo schietto e commosso lirismo, la giovanile vivacità ritmica” (L. Magnani, Goethe e Mozart, in Le frontiere della musica. Da Monteverdi a Schönberg, Ricciardi Editore, 1957, p. 29). Ma non solo: nella raccolta si trovano anche diverse composizioni di Schönberg che testimoniano la sua curiosità verso l’artista a lui contemporaneo che stava spostando verso il futuro le frontiere della musica grazie alla dodecafonia, e nelle cui opere Magnani vedeva corrispondenze con l’arte di Kandinskij, poiché entrambi erano capaci di cogliere “il grido primordiale dell’anima” (L. Magnani, Insegnamento di Schönberg, in Le frontiere della musica, cit., p. 195).
Spicca, tra tutti, la presenza di Beethoven: Magnani possedeva l’opera omnia del compositore di Bonn, di cui scelse le migliori esecuzioni della New York Philharmonic diretta da Arturo Toscanini. Il professore dedica a Beethoven, negli anni ’70, una serie di trasmissioni RAI, studia inoltre i “Quaderni di Conversazione”, a cui il musicista affidava le sue parole a causa del silenzio in cui la sordità lo aveva relegato, e ne trae il romanzo Il nipote di Beethoven che vinse il premio selezione Campiello nel 1973.
“Nei Quaderni di Conversazione quasi ad ogni pagina trapela il suo amore per la cultura, il fervore per la poesia antica e moderna, il suo vivo interesse per la filosofia e la storia” (L. Magnani, I quaderni di conversazione di Beethoven, Ricciardi Editore, 1962, p. 110): scrivendo così di Beethoven, Magnani sta realizzando un proprio autoritratto. Due spiriti grandi, che hanno potuto dialogare anche grazie alle emozioni suscitate dalle sinfonie che risuonavano nelle stanze della villa di Mamiano: come Beethoven, nell’Inno alla gioia della Nona sinfonia, invita alla fraternità tra gli uomini, così Magnani lascia, al termine della sua vita, la sua casa e le sue opere alla fruizione del pubblico, confidando nel potere salvifico dell’Arte.
Copertina: Fondazione Magnani Rocca, Arpa francese con vinile, inizio XIX secolo, foto Rita Rozzi