di Luigi Alfieri
Era un giorno caldo e umido. Soffocante. Mio padre mi portò nella jungla. Gli uccelli cantavano melodie stanche. Le cicale frinivano con un clangore assordante. Dagli alberi pendevano strane radici, legate a foglie a forma di lancia. Il mio vecchio si avvicinò ai rami più bassi, ne tirò uno a sé. I miei occhi si sgranarono. Tra quelle punte verdi occhieggiava una macchia di colore conturbante, tra il rosa e l’amaranto. Era forte, intensa, stordente, al tempo stesso delicata, leggera, quasi eterea. Prendeva tutti i miei sensi. Riempiva la vista di curve precise, nette, rotondeggianti; riempiva l’olfatto di odori dolci e lascivi, mi faceva pensare di essere delicata come il velluto, mi faceva pensare di essere capace di stuzzicare i polpastrelli delle mie dita con mille tenere sensazioni, mi portava alla bocca sapori sconosciuti, aveva il suono del silenzio.
Mio padre prese quella macchia viva e conturbante tra le sue dita e la posò tra le mie mani. Per un attimo mi cedettero le gambe. “È un’orchidea”, mi disse. “Per me è un fiore magico”.
Si fermò, poi aggiunse: “Per me è la prova che dio esiste. Guardala, è perfetta. È la perfezione assoluta. Un’orchidea la puoi fissare per ore senza mai stancarti. E senza mai provare due volte la stessa emozione. Ti ispirerà serenità, abbandono; poi languore, energia; a un certo punto una forza prorompente, piena di mistero; il desiderio di possederla per sempre, di farla tua e solo tua; di entrare tra i suoi petali, di avvolgerla e di farti avvolgere da lei. Di perderti nei suoi colori, smarrirti per sempre”.
La tenevo tra le mani col desiderio di stringerla e la paura di spezzarla. Guardavo il suo rosa-amaranto e mi sembrava il colore della carne; guardavo le sue piccole macchie bianche e mi sembravano pori della pelle. Aveva il profumo di mia madre quando mi accoccolavo al suo fianco. Ero turbato, ma con dolcezza. Mio padre tacque per un po’. Guardava le mie mani con affetto. Poi disse: “L’orchidea è una creatura perfetta, come la donna”. Gli uccelli cantavano, le cicale frinivano, l’umidità della jungla era soffocante.
di Luigi Alfieri
Copertina: Orchidee thailandesi, fotografie di Luigi Alfieri