di Luca Ferrari
“Disertare licei, conservatori e accademie musicali”: con queste parole si aprono le conclusioni del Manifesto dei Musicisti Futuristi apparso per la prima volta nel 1910, a opera del compositore Francesco Balilla Pratella (1880-1955). Seguirà, nel 1911, il Manifesto Tecnico della musica futurista, dove verranno proclamate l’atonalità e il ritmo libero come le basi del nuovo pensiero musicale. Da sempre l’attività degli artisti – e forse ancor più quella dei musicisti – si divide fra coloro che aspirano alla perfezione all’interno delle regole e quelli che sentono quale obbligo morale la ricerca dell’innovazione. E innovare significa soprattutto rompere con il passato, con le “norme”, con i canoni precedenti.
Ecco che il movimento futurista, anche in campo musicale, spinge all’estremo la propria lotta contro il passatismo (non a caso i licei musicali si chiamano ancora oggi “Conservatori”). Eppure, da sempre, o per lo meno da quando l’uomo ha battuto due legnetti l’un l’altro per la prima volta, musica significa suono, baccano, rumore.
Per alcuni (da Johann Sebastian Bach in poi) la musica è ordine e disciplina, scienza matematica e tecnica. Per altri (si pensi ai suoni della tradizione africana che confluiscono – a causa delle navi negriere sulle rotte della schiavitù – nei suoni del jazz americano) improvvisazione, libertà e, come nel caso dei futuristi, rumore.
Nel 1913 il musicista futurista Luigi Russolo (1884-1947) inventa l’“intonarumori”, apparecchio che, perfezionato rispetto ai primi esperimenti dell’inizio del Novecento, riproduce scoppi, rimbombi, ululati e ronzii. Se si ascolta Risveglio di una città, brano di Russolo del 1914, si ha l’impressione di assistere a un insieme di suoni che potrebbero essere il sottofondo di un film di guerra. Il componimento è formato da rumori della vita quotidiana: il rombo di una motocicletta, una sirena antiaerea, il picchiettio di una macchina industriale, il suono di uno strumento a corde stonato.
I futuristi vivevano in una nuova era, quella dell’automobile, dell’aeroplano. Nella loro concezione di storia, l’uomo era nato per domare la natura grazie alla tecnologia. Nella loro concezione di musica, la tecnologia sovrasta il silenzio, e le armonie si trasformano in disturbo improvvisato.
Nel 1922, Russolo inventa quindi il “rumorarmonio”, strumento ideato per amplificare i suoni creati dall’intonarumori. Oggi potremmo paragonarlo a un sintetizzatore, un apparecchio capace di riprodurre suoni ed effetti non esistenti in natura. I futuristi di oggi sono i DJ. La musica elettronica frequentemente riutilizza e campiona pezzi estratti da un videogioco, o da un modem. Si tratta esattamente di ciò che i futuristi intendevano con il concetto di rumore e di ritmo libero.
Il mondo dell’arte e quello della musica evolvono in continuazione. Eppure gli artisti e i musicisti si dividono sempre in due categorie: in chi conosce le regole alla perfezione, e in chi conosce le regole alla perfezione al fine di infrangerle. Così come compito dell’artista è da sempre quello di infastidire e scioccare le coscienze, la musica ha sempre gli stessi scopi: celebrazione, esorcismo e disturbo. Non è forse questo il compito della musica?
Copertina: Luigi Russolo, da Risveglio di una città per intonarumori