Quali possono essere le aspettative di un potenziale lettore che, agli albori del Novecento, si prepari a ricevere una nuova rivista illustrata? Nella presentazione del nuovo mensile del “Corriere della Sera”, si ribadisce che in primo luogo la rivista avrà un programma “moderno, essenzialmente moderno”, in cui ogni lettore possa trovare “almeno in parte, soddisfatti il proprio gusto e le proprie curiosità” (23-24 dicembre 1900). Vi saranno quindi saggi di attualità culturale e divulgazione letteraria con la collaborazione degli autori più affermati quali Giovanni Pascoli, Edmondo De Amicis, Antonio Fogazzaro, oltre a una rassegna di articoli da riviste nazionali e internazionali.
Il pubblico del quotidiano milanese non è scevro da una certa sensibilità artistica, a cui si verrà incontro con approfondimenti sulle discussioni più in voga: ecco dunque sul primo numero un articolo sulle scenografie wagneriane alla Scala (“Gli scenari del Tristano e Isotta alla Scala”, gennaio 1901), ma anche un polemico intervento di Luca Beltrami sullo stile di cui più si parla, il Liberty (“Lo stile del nuovo secolo”, gennaio 1901). Una reale rivoluzione, che sancisca la svolta verso la nuova epoca, è secondo Beltrami ancora da venire e neppure la recente Esposizione di Parigi ha coronato le aspettative di “nuove forme razionalmente estetiche”. Resta certo però che nel ricco apparato illustrativo della rivista, in mezzo a tavole di più definita impronta ottocentesca, si fanno strada stilizzazioni grafiche e vivaci “bizzarrie” floreali. La componente figurativa, volutamente distanziata dalla logica narrativa del settimanale “La Domenica del Corriere”, conquista gli spazi e il rilievo di cui il pubblico coevo pare aver acquisito consapevolezza.
La svolta si farà ancor più evidente nel gennaio del 1906, quando le copertine monocromatiche lasceranno spazio a tavole policrome su carta patinata, affidate a rinomati illustratori delle Officine Grafiche Ricordi. Nel clima sospeso tra tradizione e modernismo, il giornale può ora farsi manifesto, nei salotti borghesi, delle suggestioni della cartellonistica internazionale e dei marchi più in voga, con le tavole, tra gli altri, di Leopoldo Metlicovitz, Marcello Dudovich e Aleardo Terzi. Dalla citazione del manifesto dell’Esposizione Universale del 1906, con il traforo del Sempione, ai moderni svaghi delle corse automobilistiche e delle gare ippiche, virando da violenti chiaroscuri a contrasti di tonalità piatte. Metafore privilegiate de “La Lettura” resteranno, nei primi decenni del secolo (con l’eccezione del periodo bellico), eleganti figure femminili, talvolta imbrigliate in decorazioni geometriche di gusto déco. Alle vivaci silhouette e alle amazzoni androgine di Dudovich si alterneranno in copertina i richiami orientali di Umberto Brunelleschi e le stilizzazioni “avanguardiste” di Sergio Tofano, regalando ai lettori, se non lo stile del nuovo secolo, l’impronta di una moderna e felice autonomia visiva dei suoi immaginari.
Copertina: Umberto Brunelleschi, “La Lettura”, a. XXVI, n. 6, giugno 1926, copertina