di Giovanni Ballarini
1- Per iniziare ci sono i critici – scienziati che, con tutto il rispetto per i veri scienziati, pensano solo o prevalentemente in termini di calorie, proteine, grossi e via dicendo, quasi ossessionati a condannare la “pesantezza’ e sempre pronti o lodare lo “leggerezza” di un piatto o di un menù. Uno critica grama e triste, che non gode dei piaceri della tavola e della convivialità. Questi critici vedono di buon grado tutti i prodotti controllati, certificati e “tracciati”, e storcono il naso di fronte ai ‘cibi del contadino”. Amano le sigle (DOC IGP, HACCP ecc.) con le quali infiorano i loro giudizi. Sono spesso innamorati delle nuove cucine tecnologiche, a iniziare dalla Cucina Molecolare. Non di rado questi critici sono magri e pallidi e, ovviamente, non fumano e non bevono alcolici o solo in piccola quantità.
2 – Ci sono poi i critici-preti della religione del cibo tradizionale. I loro giudizi sono sempre e soltanto improntati al ricordo di un passato, un “loro” passato che nessuno può controllare. Si sentono depositari dell’unica “vera” e “buona” cucina tradizionale, al di fuori di questa c’è soltanto il “male” o al più l’”eresia”.. Adorano i cibi di questo o quel contadino, o di una particolare trattoria sperduta e che solo loro e pochissimi amici conoscono (inutile cercarla su Google). Sono generalmente ben pasciuti, questi critici, si concedono alcolici “classici” e non disdegnano qualche buon sigaro.
3 – (critici-profeti sono dei mistici che nella tavola vedono solo il mezzo per salvare l’umanità e il mondo, condividendo anche in modo estrema le idee di movimenti ambientalisti e protezionisti della natura, con particolare propensione ai gradi estremi. Il loro giudizio su un piatto o un pranzo parte da chi ha coltivato o allevato, e più dei critici-preti si sentono i difensori di un mondo che sta scomparendo nell’inquinamento e nella distruzione planetaria. Citano spesso cibi esotici, a loro dire naturalissimi. Si riconoscono dal modo di vestire, sempre o prevalentemente “ecologico” ed “ecocompatibile”, termini che peraltro usano largamente nei loro giudizi.
4- Un’altra categoria è quella dei critici-sociologi, con il massimo rispetto peri veri sociologi. A loro non interessa quello che si mangia ma quello che vi sta dietro o che rappresenta, un mondo che loro conoscono a volte come strutture sociali, altre come rappresentazione di numeri, tabelle o statistiche, e questo secondo la loro formazione. Sono i depositari di uno verità gastronomica non rivelato, come quella dei critici-preti o critici-profeti, ma empirica, statistico ed economico. Molto ampia è la loro varietà culturale, che si manifesto anche nei loro giudizi, nei quali non mancano mai riferimenti alla società e alla storia, senza mai dimenticare i fatti di cronaca. Senza un più o meno preciso riferimento sociale, non possono giudicare un piatto o un pranzo e tendono ad apprezzare le “cucine dei poveri”, “dei contadini”, “delle corti” e via dicendo.
Continua…
Copertina di Cecilia Mistrali