di Giovanni Ballarini
Il mestiere di critico gastronomico uccide l’essenza della gastronomia che, nella convivialità, deve essere piacere, divertimento culturale e anche gioco, senza dimenticare che, alla fine, sono sempre i lettori delle critiche che divengono gli implacabili critici dei critici gastronomici.
Molti si sentono e spesso si qualificano “critici gastronomici” o comunque emettono giudizi spesso apodittici di buono o cattivo, mi piace non mi piace e così via. Ma chi è un critico e qual è il compito della critica gastronomica? Un argomento, quello del critico, discusso da Roberto Escobar per l’arte cinematografica (Escobar R., Fenomenologia del critico, Il Sole 24 Ore – 25 settembre 2011, n. 262, pag. 27) e che su tale scorta può essere affrontato per quella gastronomica.
Il termine “critica” deriva dal greco κριο, che significa separare, distinguere, giudicare. Il compito del critico, semplificando, può essere duplice.
Per alcuni il critico, e in particolare quello gastronomico, dovrebbe entrare nel corpo del piatto, del menù e di ogni fatto ed evento gastronomico, smembrarlo con gli strumenti affilati del mestiere di critico. Per un oggetto gastronomico come può essere un piatto, fare una dissezione o quasi un’autopsia e quindi esaminarne la pelle (aspetto esterno e relative sensazioni), la carne (i diversi componenti), lo scheletro (la struttura della preparazione). Solo dopo aver esaminato, discusso con sé stesso e con altri, e (possibilmente) meditato, più che una sentenza – come tale aleatoria e quindi appellabile e revisionabile – emettere un parere conclusivo ultimo. Un parere quindi che per quanto possibile dovrebbe essere oggettivo, quasi scientifico, ben oltre insomma un soggettivo, banale e non documentato “mi piace” o “non mi piace”.
Per altri, invece, tutto il lavorio critico porterebbe soltanto a “consigli per gli acquisti”, come l’ipocrisia imperante definisce la pubblicità. Il critico gastronomico sarebbe un “assaggiatore” al quale ci si rivolge per la fama che avrebbe raggiunto il suo palato, fino quasi a divenire l’“imbonitore” che un tempo, davanti alle trattorie, invitava a entrare decantando le lodi della cucina, di questo o quel piatto, o di un certo tipo di vino.
Ovviamente tra le due figure estreme di critico-scienziato e critico-imbonitore vi è una vasta gamma di sfumature, anche se in questo modo si dimentica il ruolo fondamentale del singolo consumatore: è lui e non il critico il vero depositario della verità gastronomica di un piatto, di un pranzo o di una cena, di un ristorante e del miglior gusto culinario possibile. Con buona pace di qualsiasi critico gastronomico, non si deve mai dimenticare che ogni consumatore ha la sacrosanta libertà di godere di un piatto o di un pranzo come crede, e il diritto di farlo come può.
Tante sono le opinioni sulla critica e soprattutto sui critici gastronomici – o che tali si reputano o che come tali si presentano, talvolta come professionisti talaltra per diletto (più spesso proprio che degli altri). Difficile è stilarne un sia pur breve elenco, ma come ha fatto Roberto Escobar per i critici cinematografici è possibile tentare un’individuazione schematica di varietà umane dei critici gastronomici, tra il serio e una benevola ironia.
Continua..
Copertina di Cecilia Mistrali