SUITE IN QUATTRO PARTI
Preludio – Città – Consumo – Ecologia
Prima parte: Preludio
A quei tempi, fra le molte cose in mutazione (comprese quelle del nostro aspetto che definivano l’appartenenza a un gruppo, come ad esempio barba incolta e capelli lunghi), ve ne fu anche una che riguardò l’industria discografica e che fu provocata proprio da noi vinildipendenti con la complicità dei nostri musicisti preferiti. In pratica spostammo l’interesse dei discografici dal 45 al 33 giri, rifiutando il frivolo piattino nero col grosso buco in mezzo, contenente un lato A con canzonetta ultimo grido + lato B con uno di quei brani del tipo “basta che si senta qualcosa”, in favore del 33 giri ben più capace, massiccio, ponderoso e “gravido di cultura”.
Fino ad allora il teen-ager era stato considerato unicamente una specie di idiota edonista allergico alla cultura e nemico del pensiero, il cui unico scopo era quello di divertirsi in modo soprattutto cretino, prima di essere immesso nel mondo del lavoro e riprodursi secondo rigidi schemi prestabiliti. Ma una buona parte di noi in quel periodo rifiutò con decisione quel desueto ruolo di macchietta che invece tanto piaceva all’ignobile Brunetto.
Chiaramente sto parlando di rivolte di costume e di pensiero, non necessariamente di politica strettamente intesa e barricate.
Una delle nostre armi fu proprio il netto rifiuto della canzoncina musicalmente banale e con i soliti stupidi testi a base di “che bello se lei ci sta” o “che brutto mi ha mollato”. Insomma, i nostri artisti oltre a suonare mille volte meglio e con idee innovative, cantavano cose più sensate. Erano IMPEGNATI, come si diceva allora.
Va da sé che in musica per fare un discorso artistico minimamente compiuto, occorra più spazio, più tempo. Da qui la decadenza del 45 e l’ascesa del Long Playing. Inoltre il LP oltre a contenere in genere le liriche (come venivano impropriamente definiti i testi dei brani), permetteva un progetto più globale e sofisticato che includeva anche la grafica e a volte il packaging stesso (famoso il primo LP del Banco con copertina a forma di salvadanaio). Purtroppo però, quando stampavano gli album esteri, quasi sempre i famigerati discografici italiani riuscivano ad azzerare questi sforzi creativi riducendo le copertine apribili ad albo (gatefold cover) a buste singole e facendo sparire testi, libretti, poster, adesivi o quant’altro potesse diminuire il loro margine di guadagno (che speriamo gli sia andato tutto in medicine).
Quindi i nostri eroi musicisti, grazie ai 40-50 minuti disponibili sul microsolco di tipo 33 1/3, potevano articolare la loro arte. Arte che venne spesso dilatata sulle quattro facciate di doppi album (se non addirittura di tripli ora leggendari). Era davvero una piccola rivoluzione all’interno dell’industria culturale.
Mentre Brunetto e i suoi sodali rimanevano ancorati all’industria del divertimento priva di qualsiasi aggancio con una visione critica e costruttiva del mondo, noi eravamo passati alla cultura… o quasi… beh, non era esattamente così, a dirla tutta più che altro diventammo dei consumatori di tipo più evoluto, però eravamo ingenuamente idealisti e quindi credevamo che fosse davvero così. Dopotutto ognuno ha sogni in base alla propria indole, non in base alla loro realizzabilità.
La minirivoluzione nel supporto di vinile aveva portato la possibilità di tanta musica e tante parole. La musica ovviamente si dovette adeguare alle nuove misure e perciò si sviluppò in suite e in vere e proprie opere rock (niente a che vedere con musical attuali tipo Notre Dame De Paris, che nulla hanno a che fare col rock).
Proprio in quel periodo nacque e si sviluppò il cosiddetto concept album a tema unitario, molto caro ai gruppi progressivi inglesi e italiani. Due esempi famosi e dalla resa live molto teatrale furono il bel The Lamb Lies Down On Broadway dei Genesis (di Peter Gabriel, sia chiaro), ancora rappresentato in giro per il mondo dai canadesi The Musical Box, e il notevole Palepoli degli Osanna, parzialmente riproposto di recente all’interno di uno spettacolo intitolato Palepolitana, dal componente originale della formazione Lino Vairetti, accompagnato da uno stellare ensemble denominato Prog Family.
Purtroppo bisogna rimarcare anche che questo voler far l’operona a tutti i costi produsse alcune degenerazioni soprattutto in Italia, con gruppi che cercarono molto velleitariamente e con risultati prevedibilmente scarsi di mettere in musica il Vangelo, la Divina Commedia, Hegel, Nietzsche, e altro ancora.
A parte questi eccessi pseudo culturali, vi fu una maggiore attenzione anche nella scrittura dei testi, dato che anch’essi nell’intenzione degli autori dovevano essere di una certa importanza. Dovevano additare e condannare senza intransigenza i mali dell’uomo come la violenza, l’egoismo, eccetera, ma soprattutto a quei tempi trattarono problematiche che proprio allora si stavano rivelando appieno nella loro gravità. Cioè quelle riguardanti la civiltà e il mondo moderno: l’eccessiva urbanizzazione, il consumismo e lo sfruttamento del pianeta.