Il telefono è un tipo anziano: nasce infatti nel 1877. Proprio l’italiano Antonio Meucci ha inventato il primo apparecchio ma ad avere successo è stata la “versione” di Alexander Graham Bell: non a caso la prima grande impresa telefonica della storia si chiama Bell Telephone Company. Per molti anni il nuovo strumento rimase privilegio di pochi, per diffondersi solo dopo la prima guerra mondiale.
In Italia, fino al 1950 la diffusione del telefono è assai limitata: otto decimi della popolazione considera normale utilizzare il telefono in rare occasioni, servendosi di un “posto pubblico”, di una cabina, o chiamando dal luogo di lavoro, quando possibile. Fino agli anni ‘70 la maggior parte delle famiglie italiane non aveva il telefono in casa. Nel 1988 le linee fisse arrivano a 20 milioni e nel frattempo i cellulari iniziano lentamente a diffondersi; nonostante questa crescita, l’Italia è poco al di sopra della media europea. Ma all’improvviso la situazione cambia: gli italiani scoprono il cellulare
La telefonia mobile nasce nel 1947; verso la metà degli anni Cinquanta, a Stoccolma circolano le prime automobili dotate di telefono. I primi utenti furono un medico che faceva visite a domicilio e una banca mobile. L’impianto era composto da un ricevitore, un trasmettitore e un’unità logica, che occupavano completamente il bagagliaio dell’auto. Il disco combinatore e la cornetta erano fissati a un pannello appeso allo schienale del sedile anteriore; alimentato dalla batteria dell’auto, il telefono aveva tutte le funzioni di un telefono normale ma consumava così tanta energia che pare potesse fare solo due chiamate: la seconda era sempre quella per far arrivare un carro attrezzi (fonte: www.ericsson.com).
I primi cellulari “per tutti” vedono la luce solo nel 1979 ed entrano in commercio nel 1983. Dieci anni più tardi la crescita accelera, soprattutto fra 1997 e 1999; il numero di cellulari ha superato quello delle linee residenziali nel 1998 e il totale delle linee fisse nel 2000. Oggi la curva di crescita si sta assestando con l’avvicinarsi alla soglia di saturazione del mercato: da qui il moltiplicarsi di proposte per trasformare il telefono portatile in uno strumento con un’infinità di funzioni.
Se è vero che l’epidemia di cellularite si è diffusa in Italia con rapidità, le differenze fra i vari paesi si stanno attenuando. Sembra però confermato da alcune ricerche: in Italia l’uso dei telefoni cellulari è più ludico – o frivolo – che altrove. Ma gli italiani non hanno comportamenti omogenei: le fasi d’innamoramento delle nuove tecnologie, specie quando sono percepite come giocattoli, tendono a esaurirsi; presto o tardi tutto diventa oggetto quotidiano.
A tracciare il sentiero “parmigiano” di quella che da esigenza è diventata una specie di schiavitù – soprattutto in città come Parma, amante dell’apparenza – ci aiuta Valerio Crotti, pioniere del settore con i quattro negozi Videocar, tutti in città. «Siamo partiti nell’81 con le autoradio, poi abbiamo avuto una parentesi con i deflettori per auto e nel frattempo abbiamo inserito gli antifurti, questo fino al ’93-94; verso il ‘90 abbiamo iniziato con la telefonia fissa per auto, i famosi telefoni assemblati, dal ‘95 in poi sono apparsi i primi cellulari… abbiamo sposato subito la causa, credevamo molto in questo nuovo articolo anche se qualche collega mi ha dato del pazzo». Lasciare un settore redditizio, nel quale Videocar era ben affermata, per lanciarsi su oggetti completamente nuovi quando il cellulare era ancora uno status symbol – ieri come oggi, molti si indebitavano per acquistarli – era a tutti gli effetti un salto nel vuoto.
«Abbiamo perciò lasciato pian piano il settore delle autoradio», prosegue Valerio, affiancato nell’intervista e negli affari dal figlio Stefano, «che andava fortissimo e dove eravamo davvero bravi. Poco per volta siamo passati in toto alla telefonia, cambiando diversi gestori». Anche la scelta dei gestori è stata oculata, orientandosi sempre su quelli all’avanguardia, i più tecnologici. Questo ha garantito all’attività di Crotti uno zoccolo duro di clienti che negli anni hanno continuato a dargli fiducia e lo seguono ancora oggi.
Quali sono stati i primi cellulari?
«Quelli installati sulle automobili negli anni ‘90, divisi in due parti, venivano separati dall’auto e si chiamavano “trasportabili”, erano delle valigette. Nell’85-86 c’era il famoso 333, erano quelli enormi, con un prefisso particolare, la chiamata non era diretta, andava a una centrale che lo rimbalzava. Nel ’90 circa sono iniziati i veri fissi con il 335 da auto, poi i trasportabili, i primi portatili nel ‘95, i primi Etacs, Nec, Oki, erano davvero grandi, con le antennone. I modelli che hanno fatto la storia? Il Nec P3, il Motorola StarTac, un vero mito, il Nokia P500, e l’Ericsson 237, quello azzurrino con la tastiera trasparente».
Il motore dell’innovazione qual è stato?
«Sicuramente l’evoluzione delle reti: dopo l’etacs c’è stata la GSM, dove hanno investito i vari gestori e a seguire l’UMTS… siamo in attesa del 4G, la rete del futuro. Hanno provato con le videochiamate, senza molto successo. La spinta più forte è data dalle mode, dall’estetica. È lo stile di vita a essere cambiato, adesso quando si esce da casa senza cellulare sembra che manchi qualcosa».