Nata a Parma, Paola Sanguinetti è una cantante lirica – soprano – apprezzata e stimata a livello internazionale. Dal repertorio vastissimo, è stata protagonista di innumerevoli opere liriche. Dal 1997 collabora con il tenore Andrea Bocelli; di rilievo e applaudita anche l’attività concertistica, in Italia e all’estero.
Com’è nata la passione per il canto?
«Provengo da una famiglia di musicisti: uno zio era primo flauto al Regio, mio fratello è pianista e insegna analisi musicale a Tor Vergata, altri parenti erano suonatori… ho frequentato il conservatorio, studiavo violino, ma non mi piaceva proprio! Perciò dopo le medie ho continuato gli studi in tutt’altro ambito. Poi, casualmente, ho lavorato come comparsa al Teatro Regio e lì mi sono innamorata del teatro e dell’opera lirica nonostante il debutto in mezzo ai fischi (durante una Traviata, interrotta addirittura al secondo atto). Iniziata per gioco, la passione è diventata professione. Ho ricominciato a studiare, canto stavolta, e ho iniziato una carriera che mai avrei immaginato».
Quali esperienze ricordi con maggior piacere?
«Il periodo in cui ho lavorato per l’operetta: mi ha permesso di misurarmi su molti palcoscenici italiani e anche di misurare la mia resistenza fisica. L’operetta è divertente, ha dato vita a un bel gruppo di amici con i quali ancora collaboro dopo tanti anni. Conservo un bel ricordo anche della Bohème che ho debuttato al Regio di Parma, il teatro dove tutto ha avuto inizio».
Quali sono le tue collaborazioni più interessanti?
«La più importante è con l’arpista Davide Burani, abbiamo fatto concerti ovunque e con un repertorio davvero vasto, portando lo strumento dappertutto, su per scalinate ripide, in barca a Venezia, in taxi… e quella con Andrea Bocelli, conosciuto casualmente dopo la sua vittoria a Sanremo: abbiamo fatto un concerto insieme, ci siamo trovati bene e da lì è iniziato tutto. Con lui sono praticamente in famiglia, conosco i suoi figli, la madre, i fratelli, la compagna… è insolito per un cantante lirico esibirsi davanti a 15.000 persone in tutto il mondo (da Wembley a Masada, in Australia, America, Cina, Azerbaijan, Qatar, Abu Dhabi) e grazie a lui ho vissuto situazioni incredibili: l’aereo privato, la limousine, i fotografi. Insomma, ho partecipato in qualche modo allo “Star System”, l’importante è non abituarsi, la realtà è un’altra».
C’è qualcosa che vuoi comunicare a chi legge?
«Agli amici e conoscenti: perdonatemi se incontrandovi per strada non saluto, non è cattiveria o snobismo… non sono per niente fisionomista!».