Incontro con un raffinato artista del “fumetto” e dell’illustrazione, Roberto Baldazzini, intervistato da uno dei suoi sceneggiatori di fiducia: Celestino Pes. In un gioco di specchi, nel prossimo numero Baldazzini intervisterà Pes…
Per anni ti sei dedicato quasi esclusivamente alla realizzazione di opere a carattere erotico, infatti sei considerato un maestro in quel settore artistico. Ultimamente però i tuoi interessi creativi sembrano diventati più variegati, in un parziale spostamento di direzione creativa che appare vero non solo per l’Italia ma anche per l’estero. Ci puoi parlare della tua importante esperienza francese con lo sceneggiatore Dionnet?
«Jean-Pierre Dionnet è un personaggio a tutto tondo con la particolarità di essere geniale, di pensare, vivere e creare fuori dagli schemi. Trae ispirazione da tutto ciò che lo circonda: è un continuo fermento creativo. Beh, in tutto questo mi sono riconosciuto. Ho condiviso l’esperienza di narrare a fumetti un episodio della sua saga Uomini e Dei, l’argomento, quando me lo propose, mi parve una sfida, quasi un’analisi di quello che mi stava succedendo: andavo scoprendo il dio che era in me. La realtà del mio percorso personale si stava intrecciando, ancora una volta, con la rappresentazione a fumetti di stati d’animo ed emozioni, immagini che evocano qualcosa del mio passaggio su questa terra!»
In Italia ti stai cimentando con storie riguardanti il periodo della resistenza. Sembra quasi che tu voglia proprio dimostrare di non essere solo un narratore di sogni e fantasie ma anche di situazioni serie e realistiche. Che vuoi sentirti interiormente più impegnato. È così?
«Sì, finalmente mi sono sentito pronto per raccontare qualcosa che appartiene alla storia della gente che mi circonda, dei miei vecchi, di storie che ho sentito da genitori e conoscenti. Con Il mio nome è Alfredo ho voluto sintetizzare un episodio legato al periodo della resistenza: un ragazzo, Diego, che scappa per evitare l’arruolamento forzato. Siamo nel 1943, dopo l’armistizio, e l’Italia è sottosopra. Una storia di fantasia ma basata su racconti orali di persone e partigiani che ho intervistato, le loro parole hanno risvegliato la mia immaginazione su questo argomento così drammatico»
Un altro progetto non strettamente erotico, e per il quale hai incaricato me di scrivere soggetti e sceneggiature, riguarda la creazione di un personaggio (che al momento si chiama provvisoriamente Sadia) per una serie in bianco e nero dall’atmosfera molto cupa; una sorta di omaggio e recupero dello storico fumetto nero degli anni ’60 tipicamente italiano. Penso a Diabolik, a Kriminal, ma soprattutto a Satanik. Come ti è venuta questa idea?
«Nasce dalla mia infanzia, dall’essermi trovato tra le mani il numero 24 di Satanik, Il dono di Natale quando avevo 8 anni. La lettura di quel fumetto ha lasciato un segno indelebile nel mio immaginario. Il disegnatore era Magnus, il suo bianco e nero, l’atmosfera cupa e i personaggi diabolici rispecchiavano qualcosa del mio animo… per tutta la vita mi sono portato dietro queste suggestioni. Avrei sempre voluto offrire un tributo a quelle atmosfere, reinterpretarle con il mio stile, come anche la formula dell’albo a due vignette che non ho mai veramente usato per raccontare a fumetti. Un anno fa ero ad Angouleme e camminando su rue Hergé ho rivisto tutto questo e mi è venuta una voglia matta di creare un personaggio non crudele ma crudelissimo»
Non solo fumetto. I tuoi interessi artistici si stanno sensibilmente spostando verso la pittura. Questo già accadeva anche in precedenza, ma ora sembra che la cosa sia diventata più importante per te. E si parla anche di mostre abbastanza prestigiose. Come spieghi questo tuo passaggio interiore dal fumetto alla pittura o viceversa?
«Da adolescente ho conosciuto prima la pittura del fumetto… o forse tutte e due le discipline contemporaneamente, non ricordo più bene! Non importa, sta di fatto che la pittura rappresenta la “grande dimensione” per il mio disegno, il colore, anche se poi faccio spesso opere in bianco e nero… Mi piace la sintesi e da diversi mesi lavoro ad un progetto dedicato agli alberi, alberi neri che rappresentano la mia solitudine esistenziale. Li dipingo neri, senza foglie, su sfondi neutri e cieli invernali. Sono loro i soli protagonisti di questi paesaggi, non c’è presenza umana. Sto preparando la mostra, ho ancora qualche pezzo da finire e poi ci siamo! Nello stesso tempo con Sergio Pignatone di Little Nemo stiamo preparando un’altra mostra di carattere antologico con molti pezzi originali. La pittura è un approfondimento lirico e poetico di immagini che mi evocano le storie che racconto a fumetti. Ritratti di personaggi o allegorie pop. Poi c’è anche il piacere di rielaborare vecchie foto e divinizzarle attraverso il mio segno»
Hai pubblicato anche alcuni saggi sul mondo dell’immagine, del costume e dello spettacolo (Sexyrama – L’immagine della donna nelle copertine dei periodici dal 1960 al 1979 e Sofia Loren – Rapita dal cinema – I fotoromanzi di Sofia Lazzaro 1950-1952), tanto che sei perfino stato definito “storico dell’immagine”. Ti ritrovi in questa definizione o ne avresti una migliore?
«Una volta al “Costanzo Show” mi presentarono come “feticista dell’immagine”, mi riconobbi immediatamente nella definizione. Ora, nella nota di presentazione dietro al libro di Sofia vengo definito “storico dell’immagine”, ancora una volta mi riconosco! Mi piace recuperare, salvaguardare e manipolare immagini. Le vecchie riviste, i film in bianco e nero, i fotoromanzi hanno sempre rappresentato una mia fonte inesauribile di ispirazione. C’è una bellezza nella cultura popolare che va valorizzata, si fa presto a dimenticare il passato accecati dalla tecnologia, io indugio sugli ultimi 50, 100 anni. Il genere umano li ha vissuti così intensamente producendo una cultura di massa che se approfondita e studiata potrebbe portare a una conoscenza straordinaria del nostro percorso evolutivo».
Sito ufficiale: www.baldazzini.it