Cortemaggiore, venerdì 20 aprile 2012. Io c’ero.
Ero davanti al Fillmore in attesa dei miei conoscenti, anche loro affetti da genesismania. Lì con me c’erano altri due tizi che non conoscevo, in dubbio se andare a mangiare o tenere la posizione di primi arrivati (i biglietti non erano numerati). Si ferma un’auto e la conducente cerca maldestramente di parcheggiare di fronte al locale. Io penso “ma chi è questa matta?”, poi intuisco. E ci azzecco. Dall’auto scendono quattro persone. Una di loro è Steve Hackett! E prima di entrare per il sound-check si volta verso me e gli altri due, ci saluta e ci parla come per darci il benvenuto al suo concerto! Noi fan rimaniamo inebetiti sorridendo come idioti. Uno arrossisce. Non sappiamo che dire, e basiti dalla sorpresa riusciamo solo a ricambiare il saluto. Contentissimi.
Steve è un nostro amico. Lo è sempre stato, fin da quando eravamo ragazzini e ascoltavamo Foxtrot guardando dall’interno della copertina il suo volto da timido coperto da barba e occhiali in mezzo agli altri eroici compagni. Steve, come Peter, durante tutti questi anni non ha mai ceduto alla lusinga né delle sirene commerciali né della facile soluzione. Lo stesso purtroppo non si può dire di Phil, Tony e Mike, sia insieme con il marchio insensatamente Genesis, sia come solisti. E non è tutto. Steve è l’unico che suona ancora una musica coerentemente riferita ai veri Genesis. Di fatto Steve Hackett è ancora romanticamente I GENESIS. Ne sta portando avanti creativamente il discorso, come si diceva una volta.
Durante il concerto dal pubblico qualcuno gli ha gridato “Ti vogliamo bene!”. Sì, perchè ascoltare all’interno di un concerto ben sei brani dei Genesis dell’epoca d’oro, eseguiti da una band coi controfiocchi capitanata da Hackett in persona è un qualcosa che va ben oltre il mero “ascoltare musica”. È qualcosa che coinvolge profondamente la tua emotività. Ci tengo a elencare queste “canzoni”, come le definiva Hackett presentandole (con un po’ d’ironia britannica, data l’evidente inutilità delle presentazioni stesse): The Carpet Crawlers, Firth of Fifth, Blood on the Rooftops, Fly on a Windshield, Los Endos, Watcher of the Skies e in più un estratto da Dancing with the Moonlit Knight.
Ovviamente due ore e mezza di musica, tanto è durato il concerto, non si potevano e non si dovevano esaurire con un’operazione unicamente genesisiana alla The Musical Box (chi ha visto la formidabile band canadese sa cosa intendo). Infatti il resto è stato un magnifico excursus all’interno del vasto e variegato repertorio del chitarrista. Da Voyage of the Acolyte a Spectral Mornings, fino all’ultimo CD Beyond the Shrouded Horizon. Non solo “vecchio prog” quindi, ma anche tante atmosfere folkeggianti, suggestive e a tratti mistiche, quasi ieratiche. E momenti di elegante ricerca etnica che toccavano certe esperienze dell’ex compagno Gabriel. E molte influenze jazz. In altre parole, il rock progressivo come effettivamente dovrebbe essere ai nostri giorni. Cioè davvero progressivo e non regressivo come invece viene inteso e riproposto da molte nuove band unicamente nostalgiche e francamente inutili.
Ma torniamo al concerto del Fillmore. Difficile descrivere l’atmosfera di elettrizzante entusiasmo di pubblico e band, con il nostro chitarrista che spesso sorrideva rilassato dimostrando di sentirsi a suo agio, come sempre col pubblico italiano. Molte le standing ovation, anche in onore dei comprimari. Tutti ovviamente all’altezza e visibilmente affiatati. A cominciare dalla bionda chitarrista Amanda Lehmann, impegnata anche saltuariamente come voce solista, con un bel timbro vocale limpido e melodioso alla Annie Haslam degli storici Renaissance. Molto apprezzato anche l’eclettico e “multistrumentale” fiatista Rob Townsend. E il batterista Gary O’Toole, anche cantante coraggioso nei brani originariamente cantati da Gabriel e Collins. Ovazioni anche per l’eccellente e tosto bassista Lee Pomeroy e il preciso e prezioso tastierista Roger King.
Insomma, una grande serata quella al Fillmore, data centrale del Breaking Waves’ Italy Tour 2012, voluta da Steve Hackett per celebrare il quarantennale di un rapporto di grande stima e affetto iniziato con l’Italia nell’aprile del 1972. Io i Genesis veri purtroppo non li ho mai visti. Però il 20 aprile 2012 al Fillmore di Cortemaggiore c’ero. Ed ero molto contento di esserci.