Era la metà del Quattrocento quando il signore di Ferrara, Borso d’Este, volle che fosse realizzata una sontuosa Bibbia decorata da splendide miniature. All’opera lavorò per sei anni, dal 1455 al 1461, un’équipe di artisti tra i più celebri dell’epoca, come Taddeo Crivelli e Franco dei Russi, miniatori che per la prima volta acquisirono il nuovo linguaggio del Rinascimento, rivoluzionando gli stilemi tardogotici della precedente produzione presso la raffinatissima corte ferrarese. Ogni foglio di pergamena è decorato e illustrato, nel recto e nel verso, con una ricchezza che non trova paragone in nessun’altra testimonianza dell’epoca. Seguendo le sorti degli Este, nel 1598 la Bibbia fu portata, insieme ad altri tesori della famiglia, a Modena, dove ancora oggi è conservata presso la Biblioteca Estense.
Di recente, “il libro più bello del mondo” come spesso viene definito, è stato il protagonista di una mostra – La scrittura splendente. Tesori manoscritti dalle biblioteche italiane – allestita in occasione di Artelibro, il Festival del libro e della storia dell’arte che ha animato la città e tutte le istituzioni culturali di Bologna con una ricca offerta di conferenze, iniziative e mostre. All’interno del programma non poteva mancare il coinvolgimento di uno dei più significativi scrigni della cultura libraria italiana, la Biblioteca dell’Archiginnasio, dove il manoscritto era esposto a fianco di altri due codici di straordinario valore: la Bibbia di Marco Polo, proveniente dalla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e la Vita Christi di Ludolfo di Sassonia, di proprietà della biblioteca ospitante. La prima, esemplare di antico “tascabile” adatto anche a pellegrini e viaggiatori, fu realizzata in Francia nella prima metà del Duecento e usata dai Francescani durante missioni di evangelizzazione della Cina: ai tempi della dinastia Yuan e di Marco Polo entrò in possesso di una eminente famiglia di Pechino e infine fu donata al granduca Cosimo III de’ Medici nel XVII secolo. La seconda, contenente splendide miniature attribuite a Cristoforo Cortese, che vi raffigurò animali di ogni tipo (dagli aironi ai conigli, dai pavoni alle faraone) è ricca di iniziali istoriate con abbondanti decorazioni in foglia d’oro che impreziosiscono l’esemplare e ne fanno uno dei più importanti tra quelli conservati all’Archiginnasio.
Tre codici, tre antichi libri che raccontano le vicende che vi sono narrate, ma che sono anche testimonianza della storia dei loro committenti, degli artisti che li realizzavano e dei lunghi viaggi a cui furono sottoposti. Nel dialogo di queste tre opere in mostra troviamo tutto il significato che rivestivano i volumi prima dell’avvento della stampa: oggetti costosissimi che veicolavano il sapere, ma anche autentiche opere d’arte dove la miniatura integrava e illustrava la parola, in un legame inscindibile che oggi regala fascino ed emozione.