Tè o caffè? Mi domandò. Non lo so, risposi. Andò in cucina ma tornò all’istante per chiedermi di seguirla. Mi sedetti al tavolo. La osservai tirar fuori un pentolino da un armadio, riempirlo di acqua e sistemarlo sulla stufa. L’acuto rumore dell’accendigas erano due sfere d’acciaio che si scontravano. La fiamma si accese immediatamente. Tirò fuori una bustina da una scatola e si sedette accanto a me. Subito si alzò, ricordandosi di qualcosa, e uscì dalla cucina. Sentii un improvviso barbugliare, basso, profondo, continuo. Capii che erano i gargarismi di un rubinetto, l’acqua che scendeva in una vasca.
Era tornata in cucina. Sei tutto sudato. Devi farti un bagno caldo.
Sopra alla pentola si alzava del vapore. Fuori non aveva più tuonato. Forse stava ancora piovendo. Spense il gas e infilò la bustina del tè nel pentolino. Dopo un minuto di silenzio ritirò la bustina e la abbandonò sul lavandino. Ecco, disse, porgendomi una tazza con il tè bollente. Strano, ma non c’eravamo nemmeno presentati. Il tè fumava, adesso avevo fretta di berlo. Presi un sorso e mi bruciai la lingua e il palato. Cercai di far finta di niente, anche se avevo le lacrime agli occhi per il dolore. Povero, ti sei bruciato, mi disse, venendomi accanto per farmi una carezza sui capelli. Non dissi nulla. Non c’era nulla da dire. In quell’istante le lacrime mi scesero giù dal volto, il pianto diventò così forte che non realizzai subito che mi aveva stretto a sé, mi stringeva contro il suo ventre, accarezzandomi ora il volto. Piansi singhiozzando dentro il suo vestito, bagnando completamente il mio viso, inumidendo il suo maglione. Incominciò a dondolarmi, tenendomi fra le sue braccia finché non mi tranquillizzai.
Dopo un po’ si alzò con cautela, tenendomi ancora stretto a sé, trascinandomi nel bagno. Iniziò a svestirmi, chiuse l’acqua e non appena mi ebbe tolto i calzini e lo slip m’infilò nella vasca. L’acqua era calda e ricoperta di schiuma. Feci un profondo respiro. Avevo ancora il viso bagnato, ma ora era più l’acqua della vasca a inumidire le mie guance. I singhiozzi diminuirono, finché non cessarono del tutto, mentre mi massaggiava e insaponava la testa e i capelli. Passò lentamente una spugna lungo la mia schiena, sulle mie braccia e le mie gambe. Le sorrisi.
Mi fasciò dentro a un enorme asciugamano e lo premette dolcemente contro la mia pelle. Da un armadietto estrasse una bottiglietta e mi ricoprì di una polvere fine bianca e profumata. Si sedette e mi prese in braccio. Sentii come si scostò leggermente da me, sollevò il suo maglione e la camicetta per slacciarsi il reggiseno. Accostò il seno libero accanto alle mie labbra, tenendo con due dita il capezzolo affinché lo afferrassi. Il caldo latte aveva il sapore della sua pelle, succhiavo e sentivo riempirmi la bocca di un calmante che mi penetrava a fondo avvolgendo la mia mente.
Poco dopo si riallacciò il reggiseno e si rinfilò la camicetta e il maglione, mentre continuavo a osservarla. Mi appoggiò sull’asciugamano disteso in terra e uscì dal bagno. Tornò subito. Aveva portato dei vestiti puliti e asciutti. Mi rivestì, prima di prendermi in braccio e riportarmi nell’ingresso, dove attendeva la carrozzina. Ecco, disse, ora va già meglio.
Estrasse dalla carrozzina la bambola che si trovava sotto le coperte, se ne liberò con un lancio e mi sistemò al suo posto sotto al piumino.
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