Ricostruzione teorica di un oggetto immaginario, la presenza degli antenati, scrittura illeggibile di un popolo sconosciuto, fossili del 2000, tessuti ottenuti con gli errori delle macchine stampatrici, libri illeggibili e macchine inutili. Sono i titoli di alcune opere di Bruno Munari, fonte di senso e divertimento per lo spettatore attento: un genio che ha utilizzato l’arte come originaria forma espressiva, che ha guidato il suo creare ancor prima della grafica, del design, della pedagogia e dell’editoria.
La mostra Munari Politecnico, ospitata a Milano nella splendida sede del centralissimo Museo del Novecento, è il racconto di un artefice poliedrico e del suo «ruolo nell’arte italiana ed europea nel corso del Novecento e dei legami che lo hanno portato a essere un protagonista eclettico di numerosi movimenti artistici». Le opere provengono in gran parte dalla collezione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz: amici dell’artista, collezionisti, editori e industriali, spesso complici di incontri e sconfinamenti, per decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi inconsueti.
Suddivisa in sezioni, la mostra esplora gli orientamenti artistici giovanili di Munari, il suo rapporto con la ricerca scientifica, con l’arte come matrice generativa di nuovi approdi disciplinari, con la produzione artistica durante il susseguirsi di vari movimenti del ‘900 con le relative corrispondenze e influenze: opere citate da Munari nei suoi libri (come quelle di Mary Vieira e Victor Vasarely) o realizzate da autori che con lui hanno esposto e condiviso ricerche (fra cui Enzo Mari, Max Bill, Franco Grignani); o ancora, legate ad artisti che lo hanno frequentato. Ispirato alla poetica munariana e alla cultura del progetto contemporanea, l’allestimento è composto assemblando strutture leggere e supporti diversi legati fra loro da incastri e gravità.
Accanto alla mostra, la Sala Focus ospita uno speciale intitolato “Chi s’è visto s’è visto” – espressione molto amata da Munari, sovverte con familiarità il rapporto tra la rappresentazione di sé, la dimensione visuale del ritratto e le sue apparenze riflesse – dedicato all’opera fotografica, in parte inedita, realizzata da Ada Ardessi e Atto, autori che per oltre quarant’anni hanno lavorato a stretto contatto con Munari testimoniando i momenti salienti della sua vicenda professionale e umana dell’artista. Da non perdere inoltre le opere esposte nella collezione permanente del museo.
La mostra non ha un catalogo: durante il suo svolgimento il curatore raccoglierà testimonianze, interviste e saggi di personalità vicine a Munari, proponendo inoltre interventi di studiosi che si sono concentrati su questa figura nodale del Novecento. Il tutto confluirà in una pubblicazione prevista per la fine della mostra come testimonianza viva e dialettica alla figura di Munari, artista e anti-specialista.
Mostra “Munari Politecnico” e Focus “Chi s’è visto s’è visto. Bruno Munari, Ada Ardessi e Atto”
Fino al 7 settembre 2014
Museo del Novecento, Milano