Erano gli anni ’80 e i “Curiosity killed the cat” suonavano “Misfit”, il loro primo album.
A distanza di decenni mi rendo conto che forse devo qualcosa alla band inglese. Al loro richiamo a quella stessa curiosità che oggi, lontano da ogni previsione e desiderio, mi ha coinvolto in un viaggio a Marsiglia.
Recente è la nomina della città a “Capitale europea della cultura 2013”, anche se non nego che già da qualche tempo osservavo i movimenti culturali tra Africa ed Europa radicati in questa terra di confine. In realtà l’Italia sarebbe più a pieno titolo zona marginale fra i due continenti; ma non si può ignorare la storia – quella di Marsiglia – che è molto più maghrebina di qualsiasi altra città italiana.
Non fosse altro per il colore della pelle dei suoi abitanti! E sì, trattasi decisamente un meltin’ pot di razze lungamente estraniato dai fatti europei e su cui oggi si fanno diversamente convergere attenzioni, aspettative e investimenti. Innanzitutto l’aspetto architettonico. E’ lunga la lista di grandi opere in fase di realizzazione affidate ai nomi più altisonanti dell’architettura moderna. Il gotha delle archistar riunito a Marsiglia. Ci sono proprio tutti. Dall’irachena Zaha Hadid, al marsigliese Eric Castaldi. E poi ancora, Massimiliano Fuksas, Norman Foster ed Eric Ricciotti: tutti coinvolti a vario titolo nel progetto “Euroméditerranée” (www.euromediterranee.fr) per ridare volto e dignità alla città. L’assegnazione degli appalti edilizi ha coinvolto anche Roland Carta, “l’architetto provenzale” che dà quasi l’impressione di aver ricevuto lavoro a cottimo più che commesse (www.cplust.eu/fr).
Ma al di là di tutto, si tratta di un imponente schieramento di forze e progetti difficili da immaginare se non curiosando fisicamente fra il rincorrersi di cantieri a cielo aperto. L’area è quella dei docks (vecchi depositi alimentari di merci dall’Africa); da piazza de la Joliette fino al confine naturale della città interrotta bruscamente dall’accavallarsi di mare e montagna. Tutto è nuovo, rifatto o in costruzione. L’atmosfera ansimante. Ritmata. Da un lato, il vibrante lavorio dei cantieri, dall’altro, poco più in là, la citè fitta di banche e grandi aziende che in suit nero produce efficienza, pil e milioni di euro.
Il risultato? Di giorno la Joliette “puzza” di nuovo. Di affari. Di polvere, scavi e grattacieli. Di notte, per il momento, è solo un tabù. A me – donna dalla pelle bianca non accompagnata – dopo il tramonto, è stato vivamente consigliato di non girovagare da sola. Sarà forse eccesso di protezionismo? Chissà!
Per approfondire l’argomento contatto l’italo-francese Vanessa Santullo (www.vanessa-santullo.net), video-reporter e fotografa, nonché marsigliese di adozione. E’ la luce e i colori sgargianti della città ad averla conquistata. E ovviamente la gente, con il suo carico di multiculturalità. “Non ha senso vivere a Parigi – racconta Vanessa – Ci vado spesso, ma è a Marsiglia che raccolgo gli stimoli più accattivanti per il mio lavoro”.
Un lavoro svolto per strada a osservare, scrutare. A cogliere, magari nello schiudersi di attimi, “il come della gente”: come fa a stare insieme. Come si mescola, come mangia, come sorride e fa festa; insieme, nonostante le differenze. Nonostante le radici, la religione. Nonostante la working-class del mattino in metropolitana riconoscibile dal nero diffuso dei suoi abiti. Nonostante il multicolor folcloristico dei tanti panni stesi al vento che riscaldano facciate e prospetti urbani. Nonostante quell’immancabile sedia che “qualcuno” ha lasciato a mo’ da passo carraio. E’ così che capisci le cose, la mentalità. Da quell’assiepamento di antenne preistoriche sui tetti. Dalle movenze straordinariamente ammiccanti di una bimba “bruna”, quasi ancora in fasce, lanciata in primordiali passi di danza. Nonostante i suoi Bo-Bo (borghesi-bohemien) che per muoversi scelgono fra ostentati e ingombranti suv o pericolose biciclette (snobbando in pieno i mezzi pubblici). Nonostante gli astri nascenti della cultura: quartieri anziché festival, eventi, proiezioni, rassegne che riflettono esattamente l’area geografica di incidenza. Riflettono il desiderio di cambiamento quasi imposto dall’alto.
Qualcuno parla di “fascino del disordine”. Vanessa, con la sua videocamera e obiettivo, non può far altro che sguazzare tra gli anfratti e le distorsioni culturali. Ma a volte il colpo è forte. Per averne un’idea basta fare un salto al quartiere popolare “Belle de mai” (www.belledemai.com);
Oggi è un incubatore multimediale, ieri un’area industriale. La trasformazione però è ancora in atto e si vede. Qualcuno ha deciso di portarvi quotidianamente flussi di professionisti dell’immagine, ma intorno c’è ancora il popolo che produce e vende beni. Un popolo soprattutto di colore in mezzo al quale inevitabilmente finisci per chiederti dove ti trovi?!
Marsiglia è così. Inevitabilmente vecchia e nuova. Agganciata pesantemente al futuro senza mollare la presa delle radici multiformi. Dai quartieri rionali a ridosso del porto vecchio – consumati da bancarelle di frutta, pesce e verdura – così come nei quartieri alti della città. Tutto è normale, tutto è diverso. Anche quel flusso, talvolta forzato, che sta invadendo di cultura la città. Lo vedremo meglio il prossimo anno quando saranno visibili i vari progetti in cantiere per i festeggiamenti indetti dalla “capitale”. Fra le tante iniziative, la realizzazione di atelier temporanei installati in aziende di produzione a far da ponte (ancora un altro raccordo!) tra arte e industria (www.euromediterranee.fr).