di Luigi Alfieri
Cuba è l’isola della magia, bianca o nera non importa. Dall’Africa, dalla Spagna, dai vicini Stati Uniti si sono propagati nel Caribe riti esoterici di ogni specie, circondati di segretezza e di mistero. Accanto alla religione ufficiale dei bianchi, nel mondo dei neri è cresciuta la santeria, il nome spagnolo del woodoo della Florida o del Condomblé brasiliano. Una fusione tra animismo africano e icone del cattolicesimo, uno stratagemma degli schiavi per far sopravvivere gli spiriti della foresta, reincarnandoli nei santi di Roma e pregandoli in chiesa. Ancora, un sistema complesso e iniziatico ricco di zone oscure per i non praticanti, fertile di riti magici, di parole e di formule oscure, di danze esoteriche.
Ancor più misteriosa della santeria è l’abakuà, una vera e propria società segreta, temuta e rispettata, inaccessibile per i non affiliati che tra loro parlano una lingua incomprensibile ai profani. Un po’ setta, un po’ fratellanza, un po’ società di mutuo soccorso, l’abakuà – che ha come simbolo di potere il leopardo, abitatore della notte – è nata in Africa all’interno delle tribù che catturavano, nelle foreste e nelle savane, gli schiavi da vendere ai mercanti. A loro volta, alcuni membri della fratellanza, da cui sono escluse con rigore le donne, sono stati catturati dai bianchi e portati sull’isola. Piano piano, nell’Ottocento, la società si è ricostituita a Cuba, diventando sempre più potente e misteriosa. I sussurri rubati ai pochi che osano parlare della setta raccontano di un’organizzazione infiltrata anche nei gangli della società vicini al potere supremo, quello dell’esercito e del partito.
Più aperta, meno legata a leggende e paure, è la presenza nell’isola della massoneria, che nel Caribe non si ammanta di quella segretezza che la circonda nel Sud dell’Europa, almeno nelle sue manifestazioni epidermiche. Per le strada di L’Avana e di Santiago si trovano piccoli edifici che scopertamente si presentano come sedi delle logge. Nel cuore della Capitale c’è un palazzo, quasi un grattacielo, di vetro e acciaio, sormontato da un grande compasso, e il tassista, con un sussurro, suggerisce: “È la loggia madre di Cuba. Qui da noi i massoni comandano tanto”.
Siccome i cimiteri sono lo specchio perfetto della civiltà dei vivi, la reale consistenza della fratellanza nell’isola si percepisce visitando quello monumentale di L’Avana, uno dei più belli del mondo, ricco di marmi di Carrara, di statue meravigliose, di tombe imponenti, cui tocca il compito di celebrare la grandezza delle famiglie illustri dell’isola composte da proprietari di zuccherifici, distillerie, coltivazioni e fabbriche di tabacco, commercianti, nobili spagnoli. Qui, nel viale più bello e scenografico, si trova la fila dei bianchi mausolei delle logge. Costruiti coi le pietre più pure e decorati con ricchezza, se ne stanno a pochi passi dai monumenti dedicati ai caduti della rivoluzione castrista, agli eroi del comunismo, ai martiri del lavoro, in un misto che stupisce e accende strane fantasie. Sui frontoni si legge “Logia Estrada Palma”, “Logia Hjos de Colombo”, “Logia Fraternidad Martiana”, “Benemerita Logia Los Apostolese”, e abbondano compassi, squadre, strette di mano, emblematiche lettere dell’alfabeto. Su una stele, i nomi degli iscritti defunti, nomi che hanno fatto la storia dell’isola prima e dopo la rivoluzione castrista, al punto che alcuni mausolei sono stati costruiti negli anni Sessanta, ben dopo la presa del potere di Fidel.
E allora sorge spontaneo chiedersi il rapporto che intercorre tra il partito-stato e le associazioni segrete. Di sicuro c’è stata grande tollerenza. E rispetto. Magari qualcosa di più. Quien sabe?