Elissa Piccinini vive e lavora a Parma; docente di Lingua e Letteratura Italiana Latina e Greca, è anche studiosa del percorso evolutivo che le figure del folclore greco e latino hanno subito nel passaggio alla letteratura cristiana. Nel suo libro Le sirene esistono (edizioni Ottolibri) racconta la storia di queste donne-mostro attraverso i secoli e le trasformazioni, in una narrazione appassionata e appassionante.
Come sono fatte le sirene?
La polimorfia delle sirene e il loro essere polisenso, cioè il ricoprire tanti significati, è una delle caratteristiche più potenti di questi esseri, quello che ha fatto la loro fortuna nei secoli. In origine, nella grecità, le sirene erano donne uccello; gli esseri fascinosi, dai capelli biondi o turchini come il mare che conosciamo –legati soprattutto al folclore celtico e anglosassone – non esistevano: erano invece molto simili alle maligne arpìe, o simili alle Nikai, le vittorie alate; solo in seguito, con un passaggio molto strano, in età già medievale si sono trasformate in esseri metà pesce e metà donne. Il passaggio non è stato netto, per molti secoli hanno convissuto la sirena aviforme e quella ittiforme; addirittura abbiamo testimonianze di sirene che sono per un terzo uccello, per un terzo pesce e per un terzo donna. La trasformazione è avvenuta fra le pagine di uno scritto, il Liber Monstrorum del monaco medievale Audelinus, probabilmente anglosassone, che per la prima volta parla di queste sirene dal corpo di pesce. Non è solo il loro aspetto a essere ambiguo, sfuggente, ma anche il loro senso: fin dall’antichità hanno ricoperto una varia gamma di significati. Adescavano i marinai in viaggio (Omero), oppure consolavano con il loro canto i defunti nell’aldilà (Platone) o stavano sulle grandi sfere che governavano l’armonia dell’Universo, sirene celesti. Un polisenso che ha permesso loro di vivere una vita ricca di significati: sono ctonie, notturne, vivono nell’Ade e piangono, come in Euripide, rappresentate anche sulle tombe; oppure sono solari, come nell’Odissea, legate alla bonaccia, all’incanto del meriggio, al sole a piombo che abbacinava i naviganti. La loro storia è una matassa inestricabile, esattamente come il femminino, come le donne.
Le sirene e la tentazione del piacere.
È un legame molto antico. Gli antichi commediografi greci parlavano già di questo aspetto e i razionalisti che verso il V secolo a. C. hanno iniziato a leggere i miti dal punto di vista razionale, quindi come immagini simboliche, le hanno trasformate in prostitute. Un’interpretazione che però entra in conflitto con una loro caratteristica: la sterilità. Infatti uno dei tanti miti antichi vuole che un tempo le sirene ingaggiassero una lotta spietata con Afrodite: erano fanciulle che rifiutavano i piaceri dell’amore e per vendetta la dea le mutò in uccelli, in sterilità di mostri. Invece Nell’Oriente greco assunsero un significato completamente differente, erano le tentazioni del sapere, delle filosofie orientali, delle sette eretiche: un Occidente pragmatico e un Oriente sapienziale.
All’improvviso ti trovi davanti una sirena in squame e ossa. Cosa fai?
La sirena è un’illusione, un sogno: mi getto in acqua e la inseguo.