Tutto ha avuto origine da un tarlo, quello di sondare il tempo, il suo trascorrere e le trasformazioni che questo implica nel mondo esterno. Nasce così il lavoro dell’artista Davide D’Elia, classe 1973, origini salernitane e base operativa fra Roma e Londra. Le sue opere – tessuti organici in cui esiste la vita – risultano “contaminate” e soggette a costante mutamento. Si tratta di carte da parati dismesse che conservano le impronte fisiche ed emotive della loro storia passata, tele dipinte da muffe imprevedibili e non “burrianamente” plasmate, tracce indelebili create da gocce d’acqua di rubinetti difettosi, macchie di umidità instillate su supporti telati e non. I fenomeni della natura e la loro interazione con la materia diventano dunque espressione creativa di una puntigliosa ricerca scientifica che è giunta di recente a un’ulteriore evoluzione.
Uno degli elementi centrali del suo studio è diventata l’Antivegetativa, una vernice utilizzata per proteggere le imbarcazioni, che inibisce il proliferare di alghe, coralli e muffe sulle carene. D’Elia installa la sua vernice sulle pareti della stanza, il suo iris blu invade parte del mobilio, taglia a metà i vecchi quadri appesi e tutto ciò che incontra nei percorsi definiti dalle sue inesorabili geometrie. L’intento è quello di creare il contrasto fra un ambiente asettico, refrattario alla vita, e uno florido e vitale. In questo modo l’artista intende rafforzare le opposizioni dialettiche fra la vita e la sua assenza, fra caldo e freddo, formale e informale. Opposti questi che descrivono e rappresentano il mondo e le sue contrapposizioni. L’Antivegetativa ha accolto gli atleti italiani alle recenti Olimpiadi di Rio De Janeiro attraverso Horiz-ontal, opera site-specific installata a Casa Italia, il villaggio olimpico che ha ospitato gli azzurri al Club Costa Brava.
Tratto caratteristico degli ultimi lavori di D’Elia è anche l’attenzione per il sommerso, il galleggiamento dei corpi e la dualità nella percezione di caldo e freddo. L’immaginario acquatico ha ispirato diverse opere attraverso l’uso di corpi galleggianti come le boe, immerse e fluttuanti fra il mondo sommerso e non, fra il sopra e il sotto la superficie. Il tema è sfociato recentemente in un progetto performativo al Maxxi di Roma dal titolo Crossover in cui l’artista francese Renaud Auguste-Dormeuil ha chiesto a dieci artisti italiani non performativi di rispondere alla domanda “If a work of art can be performed?”. D’Elia ha risposto con Anfibia, opera in cui l’artista pone sul palcoscenico una squadra di nuoto sincronizzato che esegue gli esercizi di apprendimento della coreografia acquatica. In questo modo egli teatralizza la parte sommersa della coreografia e la rende finalmente visibile. Come afferma lo stesso artista, “ci si aspetta che lo spettatore si senta come nel ventre di un sottomarino che naviga attorno a un iceberg, solo lontanamente memore dello scintillio dei ghiacci in superficie”. Un po’ come viene percepita l’arte contemporanea, frivola e priva di un lavoro persistente e scrupoloso, ma che in realtà nasconde un articolato mondo sommerso.
Info: http://davidedelia.com
Copertina: Davide D’Elia, FLO (2014), Art is Real G-rough, Roma, billboard, Site specific installation, 8×20 m