Quest’anno l’edizione appena conclusa di Fotografia Europea a Reggio Emilia mi ha entusiasmato. Fra le tante mostre proposte, oltre a quelle di “giganti” come Bialobrzeski e Vitali, (opportunità fantastica vederle insieme… due degli artisti che apprezzo maggiormente) a lasciare un segno forte nella mia memoria è stata quella Costas Ordolis, dal titolo Angelica luce nera. Fotografo greco, Ordolis; di lui so che ha fotografato per circa vent’anni il teatro contemporaneo greco, restituendone un immaginario onirico ed estasiato, che sembra provenire dal subconscio. Per usare una citazione di Gerry Wingrand, si può tranquillamente affermare che Costas Ordolis fotografa il teatro non per mostrarlo così com’è, ma “per vedere a cosa somiglia il teatro nel momento in cui viene fotografato”.
Sono stato in Grecia, turisticamente parlando, decine di volte fino a diversi anni fa; il ricordo che ho è pieno di colore, di un luogo dove tutto è avvolto nella luce potente e cristallina del sole estivo mediterraneo, di un mare di commovente bellezza e trasparenza.
Ora i tempi sono cambiati, ora c’è la crisi.
La frustrazione della gente è aumentata, così come il disorientamento; perfino i colori sono cambiati, o meglio, ne è cambiata la percezione. Oggi le immagini “estive” greche sono sostituite da quelle “invernali e freddolose” proposte dai media; immagini che rappresentano il triste contemporaneo. “La luce della Grecia è stata oscurata con un po’ di nero; non è colpa della luce, ma di come la percepiamo”, scrive l’artista.
È così che Ordolis ci restituisce la crisi greca, un bianco e nero impietoso dove non manca niente della situazione critica: i manifestanti, i politici, i militari, le sbarre della prigione, locali chiusi e negozi vuoti. Ma tutto sui generis. Niente è rappresentato in modo diretto, tutto è solo evocato o suggerito, preso di traverso, filtrato da vetri, reti, riflessi; la scena è stratificata, sovrapposta, multilivello.
Una chiave di lettura, poi, arriva inaspettata con una farfalla posata sulla finestra di una casa: la parola “farfalla” in greco antico significava infatti anche “anima” e qui il rimando immediato con il simbolismo della farfalla che rappresenta qualcosa di angelico. Poi arriva la “luce nera”, quella che in alchimia contiene anche la tenebra e viene chiamata “nigredo” (anche qui il rimando è immediato al negativo fotografico quale medium che cattura la luce per poi restituirla sulla carta), quella che identifica la fase negativa prima della rinascita o della trasformazione.
Immagini che vanno oltre l’aspetto del reportage classico, dove tutto è forte e ben presente; qui il dramma è solo evocato attraverso gli effetti sulla vita di ogni giorno.