SUITE IN QUATTRO PARTI
Terza parte: Consumismo (segue dal numero precedente)
Per costruire un consumista, devi prima di tutto creare dei bisogni artificiali. Cioè devi far credere a una persona che essa non può fare a meno di un dato oggetto. Per questo tipo di persuasione occorrono dei professionisti, dei mercenari preparati che abbiano seguito corsi idonei proprio al perseguimento dello scopo suddetto. Costoro, come avrete già capito, sono i pubblicitari.
Come già dicevano i nazisti, che in quanto a propaganda la sapevano lunga, la massa è in grado di assorbire qualsiasi messaggio. Anche la cosa più falsa e assurda, se reiterata nel corretto modo, viene assimilata e recepita come vera. Uno dei mezzi più potenti è lo slogan, la frase a effetto. Proprio negli anni sessanta e settanta la RAI aumentò gradualmente il numero delle ore di trasmissione e con esse la quantità di pubblicità trasmessa. All’inizio vi fu solo Carosello sul primo canale, ma poi col secondo nacque Intermezzo, e via così in un crescendo che è arrivato ai livelli insopportabili dei nostri giorni.
Della creazione di bisogni artificiali, dicevo. Ora sembra impensabile il solo considerare superfluo il cellulare. Ebbene ai tempi dei Genesis molti (la mia famiglia compresa) non possedevano neppure un telefono fisso e nessuno ne sentiva una gran mancanza. Ma poi i persuasori compirono l’opera… sempre ai tempi dei Genesis, le famiglie avevano un’auto sola e una sola TV che tutti guardavano insieme. Incredibile a pensarci ora, eh?
Ma i goebbelsiani avanzavano come panzer con i loro “Ma perché non siamo in otto? Perché manca Lancillotto” “Non c’ho la mutua. Non c’ho il paracadute” “Miguel son mi”. E noi tutti a ripetere come idioti le frasi sentite alla televisione.
La cosa più incredibile è che arrivati ai tempi dei Genesis (che su questo argomento dissero ampiamente la loro con Dancing with the moonlit knight e con Aisle of plenty, entrambe su Selling England by the pound), molti ormai si rendevano conto di ciò che gli stava accadendo e questo non riguardava solo gli artisti (i King Crimson, tanto per citare un altro grosso nome tra quelli che più amavamo, affrontarono di petto la questione con il brano Cat Food presente su In the wake of Poseidon), ma anche nel più semplice dei consumatori era nata in una certa misura la consapevolezza di essere come ipnotizzato, inebriato.
Il gioco era abbastanza scoperto, eppure si cedeva
Nei primi anni settanta anche noi genesiani ci saremmo potuti unire in coro al brano di Herbert Pagani Metti un tigre nel superbrodo, presente in VIP Mio fratello superuomo di Bruno Bozzetto. Questo bellissimo cartoon è forse l’opera che mostra con più chiarezza e ironia il perverso meccanismo consumistico.
“Noi siamo il simbolo del progresso
Siamo scemi ma fa lo stesso”
Avere per essere quindi. Con buona pace di Erich Fromm, inutilmente molto letto in quel periodo.