Gianni Pezzani è nato nel 1951 a Colorno, in provincia di Parma, nella “Bassa”. Quella zona vicina al Po, quella Pianura Padana dagli orizzonti sconfinati e spesso indistinguibili a causa della nebbia, quelle terre difficili e talvolta ostili, dal clima insopportabile e dai cascinali abbandonati, ma anche dalle immagini suggestive, dagli echi poetici che percorrono i sentieri a curve e scorrono lungo l’argine maestro.
“Nella Bassa viaggio sempre in bicicletta o in macchina, passo davanti a queste case dove manca totalmente la vita, cerco di rendere questo vuoto, e questa emozione”. Il lento spostarsi ha fornito la materia per le prime fotografie di Gianni Pezzani – la serie chiamata emblematicamente Margini – che dalla fine degli anni Settanta ha prestato un’attenzione prioritaria agli aspetti tecnici della fotografia analogica: non gli sono mai piaciute le stampe tradizionali e così, grazie a precise competenze di chimica, ha deciso di intervenire sullo sviluppo fotografico con viraggi multipli che gli hanno consentito di dare vita a gamme cromatiche inedite, a sfumature che toccano quasi la pittura, a effetti di luci e ombre che danno a questi paesaggi un’atmosfera di sogni inquietanti.
Negli stessi anni si interessa anche di “piccoli monumenti” domestici rivisti in chiave concettuale, con gli scatti di Cucina della mamma sospesa nella notte (1981), ma a differenza di altri artisti ben noti, Pezzani non si è arrestato sulle rive del Grande Fiume. Per dieci anni ha vissuto in estremo Oriente, tra Tokyo e l’Indonesia, dove si è occupato di design di tessuti e di fotografia di moda.
Tornato in Italia, si è trovato di fronte alla necessità di reinventarsi una nuova vita e di confrontarsi con una nuova tecnica, il digitale, di cui ha compreso subito la portata rivoluzionaria: da sperimentatore, è stato capace di aggiornare il proprio linguaggio poetico insieme alla modalità di produzione fotografica, unendo spesso le due tecniche per ottenere stampe di altissimo livello.
Tra le ricerche più recenti, quelle sulle metropoli. Milano notte (2008-2011) ritrae una città senza esseri umani, popolata solo dei suoi monumenti silenziosi e di automobili parcheggiate, vere protagoniste del vivere urbano. Altrettanto deserte e immobili le strade di Nippon night, la serie da cui emerge un Giappone quasi inedito in Occidente, costituito da casette basse, facciate illuminate, insegne popolari e lampioni.
Mai nessun ritratto, nessuna persona, ma la vita negli scatti di Pezzani compare sotto forma di una forte attrazione per il naturale che scaturisce da immagini potenti di alberi, di giganti naturali, sia che si tratti di tronchi secolari o rocce coperte da morbido muschio, o un giovane fungo che spunta dalla terra. E monumentale è anche la “mosca che legge” della sequenza Mouches a lire.