Per la prima volta Palazzo Grassi/François Pinault Foundation espone una mostra di fotografie: dopo la programmazione focalizzata sulle opere della collezione Pinault – una delle più significative e influenti raccolte di arte contemporanea al mondo –, il secondo piano dello storico palazzo veneziano è occupato da 130 scatti di grande suggestione. I materiali provengono per la maggior parte da un’altra collezione prestigiosa, quella di Koniko Nomura, assemblata con l’aiuto dello stesso fotografo e in grado di rappresentare una sintesi completa e coerente del suo lavoro tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Ottanta.
Il fotografo di cui parliamo è l’americano Irving Penn (1917-2009), uno dei più ricercati dal mondo delle riviste della seconda metà del Novecento, nome di primo piano di “Vogue”, con cui esordì.
La mostra – il fondo grigio delle pareti è un dichiarato omaggio a quello originale dello studio – vuole proporre un percorso che crea connessioni tra i vari interessi artistici di Irving Penn, accostando serie differenti da cui emerge sempre e comunque un’attenzione assoluta verso la perfezione dell’immagine, dalla composizione alla stampa – spesso virata al platino – e che gli permette di avvicinarsi incredibilmente alla verità delle cose e degli esseri viventi.
Inediti e ricchi di fascino i 17 grandi internegativi montati su lightbox che testimoniano un passaggio intermedio tra la ripresa e la stampa; le stesse immagini trasparenti si ritrovano poi materializzate in icone celebri come gli intensi ritratti del mondo del jet set (da Pablo Picasso a Truman Capote, da Marcel Duchamp a Marlene Dietrich) o svariate interpretazioni di un genere diffusissimo, ma nel caso di Irving Penn sempre ricco di novità, lo still life. Tra queste fotografie, immagini gigantesche di mozziconi di sigarette si affiancano a nature morte e a un’ampia serie di teschi conservati al Museo di Storia Naturale di Praga (Cranium Architecture, 1986). E poi l’interesse verso l’etnografia e i popoli primitivi: uomini ricoperti di fango, donne dal corpo costellato da cicatrici rituali, costumi tradizionali africani sono osservati con lo stesso sguardo teso a penetrare il senso ultimo della vita, a rivelare le forme e il loro significato. Le fotografie dei mozziconi e degli abitanti della Repubblica di Dahomey scandalizzarono il patinato contesto delle riviste di moda americane, ma Irving Penn non rispondeva solo alla sua committenza. Per lui fotografare voleva dire indagare il mondo, come testimonia un’altra sua serie estremamente commovente: i “piccoli mestieri”, che egli pensava fossero destinati a scomparire, sono immortalati grazie ai grandi lavoratori a figura intera, con gli attrezzi del loro mestiere, appunto. Lo spazzacamino, il pompiere, il macellaio, il panettiere assumono nelle stampe al platino una dignità che si tramanda alla storia e svela in questi umili modelli la stessa umanità dei VIP della cultura e dello spettacolo.
Irving Penn. Resonances
A cura di Pierre Apraxine e Matthieu Humery
Fino al 31 dicembre 2014
Venezia, Palazzo Grassi
San Samuele 3231