In Asia c’è la più alta concentrazione di megalopoli; diciotto delle trenta città più grandi del mondo sorgono in quel continente. Il fenomeno, recente, è merito del fortissimo boom economico registrato in questi ultimi vent’anni e dell’altissima densità di popolazione. Le due cause spingono a un cambiamento urbanistico senza precedenti, che si manifesta per lo più con la costruzione di grattacieli sempre più alti; grattacieli che rappresentano nelle loro imponenti quanto inquietanti dimensioni i nuovi simboli del potere e del nuovo ordine economico; potere che non conosce sosta e che sempre più spesso finisce per spazzare via intere zone di città nel tempo di una notte.
Da oltre vent’anni il fotografo tedesco Peter Bialobrzeski documenta e interpreta con rigore quasi topografico e con approccio sistematico la trasformazione del paesaggio urbano di quelle aree. Le città di Bialobrzeski sono “megatropoli” da fantascenza, luoghi che sembrano nati dal sogno distorto di una mente visionaria fra Philip K. Dick e le costruzioni impossibili di Escher, dove la rara presenza umana, e comunque sempre di taglia “lillipuziana” nel rapporto di scala, è ridotta a simbolo della relativa, se non a volte nulla e inutile, considerazione nei riguardi dell’essere umano nei processi di trasformazione legati all’esplosione dell’urbanizzazione.
Appendici terrestri di un mondo alieno, enfatizzate e allo stesso tempo stigmatizzate dal modo che Peter Bialobrzeski usa per ritrarle: spesso con apparecchi di grande formato e subito dopo la “golden hour”, quando l’intensità luminosa del cielo è supportata in modo irreale da quella artificiale delle città o, ancora più spettacolare nel risultato, di notte con la sola illuminazione artificiale e con esposizioni lunghissime che rendono il movimento di una gru alta 150 metri un’eterea quanto improbabile piattaforma di atterraggio per navi spaziali in mezzo al deserto, o riprendendole dai boschi sottostanti, creando un’immaginaria conquista aliena del paradiso universale.
Così, fra documentazione, denuncia sociale e astrazione fantascentifica, Peter Bialobrzeski crea un “Mondo” di spaventosa e raggelante bellezza; un non-luogo dove la luce artificiale esalta al massimo splendore e rende irreali grattacieli dalle architetture improbabili che sembrano sfidare le leggi della fisica e immense distese di “buildings”, simbolo vanitoso della sfrenata modernità che si riflette nel cielo illuminandosi non d’immenso ma di neon verdastri.
Peter Bialobrzeski è in mostra fino al 24 giugno all’ex Sinagoga di Reggio Emilia nell’ambito di Fotografia Europea 2012, con 50 meravigliose immagini che fanno parte del suo ultimo libro “The Raw and The Cooked” – Ed. HatjeCantz.
photo: ©_peter bialobrzeski