Un nuovo mito si sta diffondendo nella maggior parte delle grandi città cinesi: la subcultura giapponese dei Cosplayer, i Costume Player, prodotta dall’urbanizzazione su vasta scala e nuovo segno di non-identificazione nella società alla quale spesso i giovani devono adattarsi.
Daniele Mattioli, fotografo italiano che opera principalmente in Cina e vive fra Italia e Shanghai, li ha ritratti incorporando le figure nel proprio ambiente di vita, scegliendo posture quotidiane e casuali per concentrarsi sul mondo interiore celato dietro le espressioni di superficie, i gesti delle performance. I personaggi acquistano così un tocco di alienazione e d’insicurezza: sono al centro della moda, ma sono anche bocciati dalla società.
L’ascesa del Cosplay riflette lo stato psicologico dei giovani cinesi, che indulgono nelle illusioni, riluttanti a crescere e a partecipare alla società affrontandone le difficoltà; un processo inevitabile, forse di aiuto a trascorrere meglio gli anni dell’adolescenza. Dall’estetica maoista del collettivismo al ritorno dell’egoismo dopo le riforme e alla circolazione tra i giovani delle nuove “filosofie di successo” si può vedere il passaggio di valori nei cambiamenti sociali, parzialmente dovuto all’influenza delle subculture d’oltremare, il cui impatto profondo sul comportamento e sui valori degli adolescenti cinesi suggerisce sia il coinvolgimento della Cina nel movimento di globalizzazione sia l’effetto dominante dei giovani sullo sviluppo futuro del paese.
Sara Vincezi, sinologa a Shanghai, dice del progetto di Mattioli “Angeli caduti”: «racchiusi in pesanti armature, trasmutati dalla velocità del cambiamento, i ragazzi cinesi si rifugiano nell’immaginario, quello degli eroi epici e dei personaggi dei Manga e dei cartoni animati giapponesi. Sono i perdenti del miracolo cinese, nati sulle ceneri di una generazione senza parole nei suoi sogni e ideali libertari. Privi di un passato sepolto dalle ruspe della modernità e fagocitati dalla velocità, sola unità di misura della metropoli cinese del XXI secolo, le nuove generazioni si chiudono in sé stesse, coprono, nascondono, si vestono, mettono parrucche colorate, cercando di vivere la dimensione reale di questo fantomatico trasmutare in un mondo immaginario, in cui i nomi, codici e comportamenti sociali sono reinventati e riscritti nella lingua del gioco».
Delusi dal progresso, messi di fronte alle disuguaglianze sociali aumentate notevolmente negli ultimi dieci anni, i ragazzi si lanciano in mondi virtuali, vivendo una doppia vita in cui i muri scrostati e la muffa della Cina sono rasi al suolo a colpi di laser e bacchette magiche.
Fonti:
Saggio per la mostra “Cosplay in Cina”, galleria Epson, curatore Dott. Gu Zhen
Saggio di Sara Vincezi, sinologa a Shanghai, “Nuova subcultura della gioventù cinese: Angeli caduti, cosplayer cinesi 2009″ (progetto in corso)