Fondi scuri o neutri, neri della notte o nebbie fumose da cui fuoriescono silenziose e attutite le immagini di Irene Kung. L’artista, svizzera ma stabilitasi in Italia e con una formazione da pittrice, di recente ha scelto di utilizzare la fotografia come mezzo espressivo, e inevitabilmente le sue opere mantengono traccia di un fare pittorico che non per questo dev’essere soppiantato da una tecnica differente.
L’ultimo progetto in ordine di tempo ha per protagonisti gli alberi: gli scatti perfetti colpiscono per un senso concreto della poesia che esplode davanti al visitatore, scaturendo dalla chioma leggera della magnolia fiorita o dalle palme dorate egiziane che si aprono come fuochi d’artificio, che soffia l’energia dalle foglie sconvolte dal vento, che abbaglia con le luminescenze dorate delle foglie del gelso e del ginko e che rassicura con il tronco immenso, immobile, della quercia Migliarino. Al centro della visione, con nulla intorno a disturbare l’assoluto dell’essenza vegetale, le piante diventano i tramiti per un’esperienza estetica totalizzante, che assorbe lo sguardo e lo proietta in un mondo immaginario, dove tutto può essere verosimile e dove il pensiero può espandersi all’infinito.
Non differente è nell’impostazione un’altra ricca serie di fotografie che indaga le città e i loro monumenti, le architetture che sono sì edifici, ma soprattutto simboli: anche in questo caso le costruzioni protagoniste – quasi fossero esseri viventi – emergono da un’oscurità avvolgente e calda, sembrano scontornate e riposizionate fuori dal tempo e dallo spazio, nell’assenza di persone e di elementi estranei. Molti, osservando queste immagini, le hanno avvicinate a delle visioni oniriche, e nell’opera di Irene Kung il sogno è certamente un fattore basilare: le permette di avvicinarsi ai contenuti misteriosi di quello che inquadra attraverso l’obiettivo, e come dichiara lei stessa, “Sognando ad occhi aperti, si diventa capaci di guardare dietro l’angolo. Non puoi pensare se non sai immaginare”. I monumenti che la fotografa “sa guardare” assumono così nuovi significati, vengono percepiti attraverso un’interpretazione che dà loro valore, che ne esalta il rigore geometrico tanto quanto il dettaglio, che li avvicina a una sensibilità personale ricca di rimandi simbolici e che infine li colloca su un labile confine tra realtà e visione.
E ancora, gli animali. Domestici o esotici, immobili o in uno scatto perfetto che sintetizza tutto il loro movimento, da un lato essi sembrano trofei viventi, dall’altro studi affettuosi sulla natura, sugli sguardi di esseri che sono altro dall’uomo e sul senso tattile di morbidezza delle loro superfici.