PINK FLOYD, Obscured By Clouds – Music From The Film La vallée, Harvest 1972
Eccoci ancora con i Pink Floyd, alla loro seconda prova con il regista Barbet Schroeder.
A More era seguita la colonna sonora per Zabriskie Point di Antonioni, ma in quel caso dei Pink Floyd erano presenti solo tre brani, fra i quali la rielaborazione di Careful With That Axe Eugene già presente in Ummagumma. Per la pellicola di Antonioni avevano suonato anche altri grossi nomi della psichedelia e non, come Jerry Garcia dei Grateful Dead, i Kaleidoscope e John Fahey.
Obscured By Clouds prende il titolo dal soggetto del film La vallée: la ricerca, da parte di alcune persone, di una mitica valle non presente sulle carte e non rilevabile dall’alto perché sempre ricoperta, cioè appunto perennemente oscurata, dalle nuvole. Un viaggio lontano dalla civiltà e dalle cecità del moderno uomo occidentale che per certi versi possiamo accomunare a quello intrapreso per arrivare alla Montagna Sacra del film omonimo diretto da Jodorowsky, anche se Schroeder è meno onirico e di gran lunga più sobrio del noto collega. L’idea di partenza del film è piuttosto carina, ma purtroppo La vallée alla fine risulterà più statico e lento di More, e non sarà mai doppiato in italiano.
Ma veniamo al disco, prendendo da parte per la seconda volta lo pseudo pinkfloydiano che sicuramente o non lo conosce o lo schifa e cerchiamo di farlo ragionare (impresa quasi disperata, ma conviene pur sempre tentare per spirito umanitario e altruistico). Proviamo a dirgli che è l’ultimo vero disco genuinamente psichedelico del quartetto inglese e che non è stato assemblato in modo da piacere per forza e diventare un best seller grazie a motori a scoppio, ticchettii e suonerie da vetusto negozio di orologeria, battiti cardiaci, stratagemmi vari, diavolerie elettroniche, effettoni spilberghiani eptafonici, maiali che volano, eccetera.
Proviamo a fargli capire che anche se non è bello come More, Obscured By Clouds ha comunque un suo perché ed è fuori luogo lanciarsi in smorfie quando lo si nomina, come ho visto realmente fare. Spieghiamogli che contiene ottimi brani soft come Burning Bridges e Mudmen, che ricordano A Pillow Of Winds di Meddle; o come The Gold It’s In The… più duri ed elettrici sul tipo di The Nile Song e Ibiza Bar di More; e che Childhood’s End continua le tipiche tematiche pinkfloydiane iniziate fin dai tempi di A Saucerful Of Secrets con Remember A Day; e poi fategli sentire quella canzone semplicemente bella che si intitola Stay con l’inizio di piano che ricorda l’Elton John dei tempi migliori.
Se il sedicente pinkfloydiano continua a fare smorfie di disgusto, abbandonatelo al suo destino su una poltrona davanti a una registrazione video del concerto di Venezia, o uno qualsiasi dei tanti show con le megaluci, gli iperlaser e le coriste che “ancheggiano”. Lo so è triste, ma non sentitevi in colpa. Abbiamo fatto tutto quanto era possibile.