LOLITA, di Adrian Lyne; con Jeremy Irons, Melanie Griffith, Dominique Swain
USA – Francia 1997
Leggendo le recensioni al Lolita Di Lyne ho sempre immaginato le reazioni del pubblico, composto da critici e vari addetti ai lavori alle proiezioni di questo film a festival e premiere varie, molto simili a quelle del pubblico della Corrida di corradiana memoria. Cioè intendo pernacchie, cori di “buuuu”, campanacci, fischi a iosa e sirena finale. Le critiche sono sempre state talmente negative e pesanti da indurmi per anni a rifiutarne la visione. Ma poi la curiosità ha vinto. Quindi ho visto e dedotto.
Cosa ho dedotto? Che il diavolo non è mai così brutto come lo si dipinge e che se si riesce a resistere all’apparecchio nei denti della Swain (che fa tanto giovinezza per le anime semplici), al flou irritante alla David Hamilton (uno dei peggiori fotografi di imberbi fanciulle di tutti i tempi) e all’atmosfera patinata da cartolina in stile american old fashion, se si riesce a resistere dicevo, si può tranquillamente apprezzare una versione cinematografica del Lolita di Vladimir Nabokov più fedele all’originale di quella assai più personale e creativa di Stanley Kubrick (anche perché Lyne in quanto a creatività, più di tanto non può dare).
Il film è dignitoso e si lascia vedere, inoltre Jeremy Irons e Melanie Griffith sono bravi. E Dominique Swain è molto carina. Allora perché tanto odio da parte di critica e cinefili?
Credo che ciò sia dovuto a due motivi.
Il primo è che il Lolita di Lyne paga il confronto con quello di Kubrick. E penso che ciò non abbia proprio senso. Come si può paragonare una Ferrari a una Panda? Sono due cose diverse. Signori critici, dovete essere meno prevenuti e modificare i parametri. In realtà il film di Lyne, come film di Lyne non è brutto (dico, avete mai visto gli altri che ha fatto?) e si pone come onesto prodotto artigianale senza pretese intellettuali.
Il secondo motivo si riallaccia a quanto detto sopra. Un regista che arriva alla notorietà mondiale con una porcheria come 9 settimane e ½ dev’essere in qualche modo fermato in modo che non faccia troppi danni. Da qui la crociata anti Lyne.
Ricapitoliamo. Se paragonato al film di Kubrick (con Peter Sellers, James Mason, Shelley Winters), non ha ragione d’essere. Se confrontato invece a 9 settimane e ½ (con il Mikey Rourke dal sorrisetto tipo paralisi piantato in faccia per tutto il tempo), acquista valore e dignità. Come pietra di paragone 9 settimane e ½ è in grado di dare dignità anche ai film di Alvaro Vitali (il quale però, va detto, fa meno ridere del Rourke alle prese con Kim Basinger accanto al frigo).
Ma stavo andando fuori tema. Torniamo a Lolita. Il mio consiglio è: leggete il romanzo di Nabokov, poi guardate il film di Kubrick e poi quello di Lyne. Alles ist gut.