Storia di famiglia, quella di Giovanni Amoretti. Storia che inizia da un padre fotografo – Armando – che ci ha lasciato quello splendido reportage sulle Barricate di Parma del 1922. Ed è l’inizio di un archivio di migliaia di pellicole e immagini ancora vivo, in crescita, e che costituisce uno straordinario scrigno di documenti di un secolo di vita della città, dal Ventennio al Dopoguerra, dai ritratti dei personaggi più noti alle manifestazioni di piazza, dal mondo del lavoro a quello dell’arte e della cultura.
Giovanni ha intrapreso la sua lunga carriera di fotografo professionista alla fine degli anni Sessanta: anni stimolanti, in cui la tessitura di rapporti sociali con importanti committenti del mondo della finanza come dell’industria, della cultura come dell’arte, permetteva da un lato la possibilità di servizi fotografici attenti e dettagliati, dall’altro l’opportunità di coltivare in parallelo una ricerca personale, mai gratuita e sempre concentrata sulla narrazione di storie, quelle degli uomini e quelle dei luoghi. Ecco allora la fotografia industriale, dalla spiccata cifra grafica, le collaborazioni con i critici d’arte più importanti – in primis Arturo Carlo Quintavalle, che ha sempre definito Giovanni Amoretti un “fotografo intelligente” – e poi con gli scultori (Pietro Cascella, ad esempio) e gli architetti (Ponti, Rosselli, Nervi, Lusignoli e l’instancabile Canali), perché l’architettura contemporanea allora era “cosa seria” anche a Parma e richiedeva un lavoro di ripresa fotografica analitico e interpretativo al tempo stesso.
Amoretti tuttavia non si è mai accontentato di assolvere semplicemente gli incarichi affidatigli: sempre evidente, nel suo lavoro, è il valore aggiunto, è il confronto che porta a un mutamento di prospettiva, è l’estrema esattezza nella ripresa ma ancora di più nella stampa in camera oscura, è la scelta dello strumento adatto al contesto da tradurre in immagini. Come scrive Paolo Barbaro, quello del fotografo è “un viaggio fatto anche di aggiornamenti tecnici: non l’adeguamento alla consuetudine ma la ricerca e l’individuazione dello strumento più adatto alla soluzione di problemi visuali”.
Ecco allora prendere vita le indagini sulla città e i suoi eventi, sulle sue testimonianze storiche e artistiche (memorabile la campagna fotografica a tappeto condotta tra 1967 e 1974 sulla cattedrale di Parma e sulle sue sculture), sui volti incontrati nei frequenti viaggi in paesi vicini e lontani, sulle atmosfere di case abbandonate e di un passato ancora tattile. Sempre con la sensibilità che deriva da una conoscenza del quotidiano, sempre con l’ironia di uno sguardo critico ma aperto al mondo.