Sette anni di viaggi, trentaquattro luoghi diversi in giro per il mondo: è «Dune, balene e microchip» (MUP Editore), libro che raccoglie le impressioni di viaggio di Luigi Alfieri – giornalista-viaggiatore attento e sensibile – illustrate dalle splendide fotografie di Alessandro Gandolfi.
Le dune sono i deserti, quelli verdi o di sabbia.
Le balene sono nella Baia di Samanà, nella Repubblica dominicana, ferme a riposarsi dopo il viaggio dal Maine al mar del Caribe, o in Egitto, antichi e misteriosi fossili.
I microchip sono simbolo della società postmoderna, delle città dove l’uomo “corre come una pallina da flipper impazzita”.
«Un viaggio non finisce mai», dice l’autore nella prefazione, «È come un buon investimento a lungo termine. Continua a produrre frutti nel tempo. Crea una sterminata riserva di emozioni. (…) Viaggiare è una forma – la più alta – di istruzione e apprendimento. Il modo più rapido per arricchire la propria cultura a 360 gradi. In una settimana di esplorazioni in un territorio sconosciuto si imparano più cose che leggendo pile di libri, si acquisiscono grossi mazzi di chiavi per aprire le serrature dei misteri del mondo e della vita, si indossano nuovi occhiali per vedere meglio la società che ci circonda e la sua evoluzione».
Abbiamo fatto qualche domanda a Luigi Alfieri, così per curiosità. Il resto è tutto nel suo libro (inclusi alcuni utili consigli di viaggio).
Cosa significa per te la parola “viaggio”?
«Viaggio significa arricchimento e relax, un modo per rilassarsi imparando, è come l’otium latino… viaggiando, in una settimana impari come leggendo per anni, sul campo le cose sono più forti e restano tutte dentro. È un investimento, i soldi che spendi per un viaggio fruttano per tutta la vita, come un titolo di credito che non scade mai. Quando sei triste e sconsolato pensi a un bel viaggio che hai fatto e torni su di morale».
Com’è nata la scelta di Alessandro Gandolfi per le foto?
«Alessandro era un ragazzino che arrivò in Gazzetta chiedendo di fare il giornalista, io dissi di sì e così iniziò la sua carriera. Siamo amici da subito. Alessandro ha fatto il giornalista per un po’ – ha lavorato anche per Repubblica – poi si è stancato di stare a una scrivania e ha deciso di fare il fotografo. Ha studiato molto, e ha un talento naturale. Abbiamo fatto molti viaggi insieme quindi la scelta di utilizzare le sue fotografie è stata automatica».
Il viaggio che ti è piaciuto meno?
«I viaggi mi sono piaciuti tutti, l’unico da cui mi aspettavo molto ma dal quale non ho avuto tutto quello che mi aspettavo è stato in Ungheria. Era appena caduto il comunismo, pensavo di trovare situazioni molto affascinanti, molto vintage, invece era pieno di zingari, ladri, cambiamonete truffatori, prostitute, era veramente pericoloso, al di sotto di ogni attesa. Detto questo Budapest è bellissima, e adesso è un’altra cosa, ma in quel momento storico tutta la delinquenza della mitteleuropa si era concentrata in quella città. Adesso ci tornerei, anche per una sorta di riscatto».
Chi si ferma è perduto?
«Chi si ferma perde tempo… conviene sempre stare in movimento e dare soddisfazione alle proprie curiosità».
Gli autori in breve
Luigi Alfieri (Cella di Palmia, 1957) è un giornalista di viaggi. È stato presidente di Neos, l’associazione che raccoglie giornalisti e fotografi del settore. Ha scritto libri di argomento storico e letterario, di gastronomia e attualità. Ha realizzato un lungometraggio su temi legati alla tossicodipendenza, trasmesso da Rai Uno. È capo redattore della Gazzetta di Parma e ha collaborato per oltre un decennio con La Stampa di Torino. Ha organizzato mostre fotografiche e convegni sul viaggio, la poesia e la letteratura in generale.
Alessandro Gandolfi (Parma, 1970) dal 2001 si dedica al reportage fotogiornalistico. Negli ultimi anni i suoi lavori sono apparsi su diversi giornali e riviste, fra i quali National Geographic Italia, Meridiani, Airone, Die Zeit, The Sunday Times Magazine, Le Monde, Marie Claire, L’Espresso, Il Venerdì, Sette, Corriere della Sera, Sportweek, Geo, Io Donna, La Repubblica delle Donne, Grazia, Elle. Nel febbraio del 2010 al suo reportage sul sito archeologico di Hierapolis, in Turchia, è stato assegnato il Best Edit Award, il riconoscimento che la redazione del National Geographic dà al miglior servizio uscito sulle edizioni locali della rivista americana.