La rivalutazione del gatto giunge con Leonardo da Vinci, che lo definì “un capolavoro” e gli dedicò numerosi studi. Nel famoso “foglio di schizzi” datato 1490, in cui il gatto è raffigurato nei suoi atteggiamenti abituali, nascose ben 73 giochi enigmistici tutt’ora irrisolti. Nell’angolo in basso a destra del foglio, accanto al timbro della Royal Library, il professor Vezzosi ha identificato il disegno sintetico di un animale che “a un’attenta osservazione risulta essere un gatto alato”. [immagine 1]
Hieronymus Bosch lo pone nel giardino dell’Eden, mentre se ne va in giro con un topino in bocca [immagine 2], altri come Dürer, Cornelisz Van Haarlem, Hendrick Goltzius lo seguiranno ponendolo accanto ad Adamo e a Eva [immagini 3 e 4]. Eppure, ancora, nella pittura ad argomento sacro lo vediamo associato al tradimento e al male, come in alcune opere di Paolo Veronese o del Bassano che lo ritraggono accanto a Giuda [immagini 6, 7, 8], mentre il Tintoretto lo fa combattere con un gallo nella Nascita di San Giovanni Battista, quasi a simboleggiare la lotta della luce contro le tenebre [immagine 9]. Per tutto il Rinascimento, il caro felino subirà quest’atteggiamento ambivalente: per esempio, ancora nella Natività del Barocci una gatta allatta ai piccoli ai piedi della Vergine che culla Gesù nell’evocazione di un doppio amore materno. [immagine 10]
Al motivo sacro si affianca, tuttavia, il simbolismo profano legato alla teoria umorale di Ippocrate e Galeno, e il gatto assume uno dei quattro temperamenti dell’uomo, quello “collerico”. Nel XVI secolo il gatto è quasi assente nelle raffigurazioni di santi: persino Santa Gertrude patrona dei gatti, nei dipinti, è per lo più circondata da ratti. Accidentalmente, il Sodoma ci mostra un gatto che disputa contro un cane in San Benedetto che nutre i monaci [immagine 11], o lo vediamo giocare con una tartaruga nello studio di Dionigi il Certosino, dello spagnolo Vicente Carducho.
L’epoca della Riforma Luterana e della Controriforma ci regala dei curiosi dipinti di soggetto religioso scaturiti da un simpatico episodio: un monaco francescano, Thomas Murner, si oppose con forza a Lutero, e questi lo paragonò a un gatto malvagio e folle. Lutero lo soprannominò “Murnarr” (da “narr”, “folle”; Murr o Murner sono nomi tradizionali dati ai gatti nei Paesi germanici) ovvero gatto folle. In risposta all’affronto, Murner stampò un’incisione sul risguardo del suo libello antiluterano Del grande folle luterano dove un monaco-gatto (Murner) calpesta un folle caduto al suolo (Lutero, vestito da monaco agostiniano); il felino estrae dalla bocca dell’avversario delle figurine di folli. Sembra proprio che neanche il Rinascimento avesse le idee chiare sul gatto: angelo o demonio?
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