Ben presto i Padri della neonata Chiesa decisero di disfarsi delle Madri degli antichi culti temendo che questi potessero nascondere aspirazioni rivendicative in grado di minare il loro potere. Per far sì che le accuse di idolatria trovassero maggiore fondamento, i teologi cristiani stabilirono una divisione tra Bene e Male anche nel mondo animale e il gatto finì nel novero degli animali ritenuti incarnazione del Maligno divenendo simbolo dell’eresia: la sua natura non addomesticabile evocherebbe la condizione dell’eretico insofferente all’ortodossia della dottrina. Alano di Lilla forzerà l’etimologia del termine cataro pur di farlo derivare dal latino medievale catus (gatto) per far sì che una diceria come “si dice che adorino il diavolo sotto le sembianze di un gatto” divenisse teologia.
A questo punto, la simbolica medievale si muove su un terreno inesplorato poiché la patristica deve trovare al gatto una dimensione morale che prima non aveva. Isidoro di Siviglia introduce il micio nei bestiari medievali e il suo giocare con il topo diverrà exemplum del diavolo che gioca con l’anima umana al momento della morte. Sarà così che verrà raffigurato negli stalli [immagine 1] e nei bassorilievi [immagine 2] delle cattedrali, con un ratto in bocca, fino a quando la bolla papale “Summis Desiderantes”, emanata da Innocenzo VIII, stabilirà il legame strega-gatto individuando tra i “sintomi” della stregoneria il prendersi cura dei gatti come se fossero familiari [immagini 3 e 4].
Ma non tutto il Medioevo è costellato di ailurofobi con tendenze felinicide, come Gregorio IX che ordinerà di sterminarli tutti. Il gatto, come molti testi pagani salvati dalla distruzione a opera di patristi realmente illuminati che s’inventarono la prefigurazione cristica dal nulla per amor di Conoscenza, sarà preservato grazie agli amanuensi e ai miniaturisti che li ritraggono nei manoscritti [immagini 5 e 6], ai Maestri che li immortalano nelle cattedrali [immagini 7 e 8] e ai trovieri che ne fanno eroi di roman come quello di Renart, in cui il gatto Tibert se la prende proprio con il clero [immagine 9]. Il gatto divenne presto compagno di questi artisti e poté così lasciare la sua firma su più di un manoscritto [immagine 10], come testimonia la nota spiritosa di un amanuense su un codice del ‘400 conservato a Colonia [immagine 11]: “un gatto ha urinato quì durante la notte. Maledetto sia il gatto pessimo che ha urinato su questo libro durante la notte a Deventer. E guardatevi bene dal lasciare i libri aperti di notte, dove i gatti possono venire”.
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