L’imperatore Augusto amava così tanto la sua gatta che nel De vita sua la definiva sua compagna, sua pari e pari agli dei.
Gli antichi sacerdoti romani tenevano talmente in considerazione i gatti da permettere loro di entrare nei templi, forse per paura di offendere Diana, che aveva – come narra Igino – il potere di trasformarsi in gatta. La sua corrispettiva greca Artemide, invece, si vantava di aver creato il gatto. Gatti ornano le vesti dell’Artemide Efesina [immagine 1] dai cento seni, un gatto troneggia ai piedi della dea Libertas…
Nelle fredde terre norrene, due gatti trainavano Betulla, il carro di Freyja moglie di Odino [immagine 2], per sette anni al termine dei quali venivano trasformate in una sorta di fate simili allo Skogkatt che, nel folklore scandinavo, è un gatto-fata dai poteri straordinari.
Tra i celti, Cerridwen, dea del Calderone dell’Ispirazione, è accompagnata anch’essa da due gatti bianchi che hanno il potere di trasportarla in ogni angolo della terra, come testimoniato dal bassorilievo sul Calderone di Gundestrup (II sec. a.C.) [immagine 3]. Anche l’Irlanda pre-cristiana venera una snella gatta nera sdraiata su una sedia d’argento antico, che aveva una caverna oracolare nel Connaught. E ancora, negli Atti della grande accademia bardica si dice che nella camera funebre di Knowth, sempre in Irlanda, vi fosse la dimora del re gatto Irusan. [immagine 4].
Gli Arabi consideravano il gatto un’anima pura, già prima dell’avvento dell’Islam e della gatta di Maometto, Muezza, che comunicava con Allah e che ebbe un posto in Pardiso. [immagine 5]. In India la dea Shasti cavalca un gatto e ha tratti simili a quelli della dea Bastet, come protettrice della famiglia, latrice di fertilità [immagine 6]. La mitologia giapponese è ricca di gatti antropomorfi: il nekomata [immagine 7], che raggiunti i dieci anni di età si trasforma in essere umano, necromantico e sciamanico; la sua controparte femminile, la nekomusume, donna gatto; il baneneko, enorme e mostruoso; e infine il famoso manekineko, Tama, il gatto di un monaco shintoista del XVII secolo, che porta fortuna invitandola con la zampina alzata [immagine 8].
In Cina, durante il Regno di Mezzo, compare il gatto sacro Mao che difendeva le culture di grano e successivamente, nel VI secolo, appare il Miao-Kuai, gatto demoniaco il cui compito era quello di risvegliare i morti. Tra i Quechua del Sud America esiste uno spirito dalla forma di gatto chiamato Ccoa, signore dei fulmini e della grandine; per i Pawnee del Nord America il gatto è sacro e intoccabile.
In ogni sua manifestazione, dal numinoso al terrifico, presso ogni cultura il gatto era associato al divino o era lui stesso immagine del divino. Poi qualcosa andò storto…
Continua