Sebbene la data esatta dell’inizio del sodalizio tra l’uomo e il gatto sia ancora vaga, recenti studi comparativi sul DNA hanno stimato che i primi gatti potrebbero essere stati addomesticati nel territorio della Mezzaluna Fertile, circa 10.000 anni fa. Quasi mille anni dopo, la fascinazione che il gatto ha sull’uomo è già tale che spingerà i popoli di Basso e Alto Egitto a farne una divinità. Dopo questa affermazione, la mente archetipica di ognuno di noi – quasi immediatamente – corre alla dea dalla testa di gatto, Bastet, eppure prima di lei fu Ra ad essere un gatto: il Grande Gatto di Eliopoli, forma esplicita del dio del sole nascente, così chiamato dal grande dio Sa “per ciò che aveva fatto” (uccidere il serpente Apophis), come è testimoniato nel Papiro di Nebseni, Brit. Mus. No. 9900, Sheet 14, ll. 16Ff e da una delle prime testimonianze pittoriche ritraenti il sacro felino. [immagine 1]
Bastet è però l’Occhio di Ra, come riporta la Stele di Metternich, è la Signora delle Bende, Signora della Vita, protettrice della casa, veneratissima al punto che le prime sue rappresentazioni grafiche le troviamo già sul frammento di un vaso, in un’iscrizione protodinastica in forma di geroglifico che ci mostra una dea dalla testa di gatta, stilizzata e probabilmente, in origine, dipinta. [immagine 2].
Fu Taras figlio di Poseidone, secondo il mito, a portare in Italia il gatto dall’Egitto, in Grecia di sicuro furono i Fenici che mercanteggiavano in animali. I Greci identificarono la dea egizia Bastet con la loro Artemide (la romana Diana), che oltre ad essere la dea della luna, corpo celeste spesso associato al gatto, era nota soprattutto come Potnia Theron, Signora degli Animali. Oltre ad Artemide, che aveva la capacità di trasformarsi in gatto, ad Atena, che vantava tra i suoi epiteti quello di “Atena il gatto” per gli occhi luminosi che vedevano al buio ed era infine sacra ad Ecate, Signora della Magia.
Tuttavia le prime raffigurazioni del gatto nell’antica Grecia si trovano su vasi del V sec. a.C.: ritraggono mici tenuti al guinzaglio e sfoggiati come se fossero animali esotici molto ricercati. Sui vasi magnogreci è possibile ammirare gatti sule spalle dei loro padroni oppure utilizzati per dare la caccia agli uccelli [immagine 3].
I romani preferirono per lo più ritrarli sui vessilli, negli affreschi e soprattutto nei mosaici [immagine 4]. Fu proprio l’introduzione nell’Impero Romano del culto della dea Bastet, e la sua identificazione con Iside, a rinnovare e rafforzare il culto egizio del gatto sacro. Iside godette di una tale popolarità che ogni centro urbano possedeva un Serapeum, un tempio dedicato alla dea e al suo sposo e fratello Osiride, divenuto nella nuova religione sincretica Serapide. A Roma il tempio di Iside sorgeva nell’attuale chiesa di Santo Stefano del Cacco, dove fu rinvenuta la statua marmorea della gatta che ancora oggi occhieggia al passante dal primo cornicione di Palazzo Grazioli, all’angolo di Via della Gatta e Piazza Grazioli, un tempo Piazza della Gatta [immagine 5].
Continua…