La più importante novità concettuale e formale della fotografia di Ghergo è l’abbandono dell’iconografia di derivazione pittorica e la costruzione di un’immagine sofisticata e allo stesso tempo sobria, composta con attenzione geometrica, dove è la luce a modellare le forme del soggetto; ed è proprio questo talento nel dosare la luce che segna il confine tra l’ordinario ritratto e lo straordinario “Ghergo’s Style”. Uno stile che come abbiamo detto deriva in parte dall’uso della fotografia che l’industria cinematografica hollywoodiana aveva già da anni iniziato ad adottare per la promozione commerciale del divo famoso o emergente al di fuori delle sale cinematografiche; un sistema che prevedeva l’inserimento già in fase di produzione di un fotografo ritrattista che lavorava sullo stesso set di produzione del film.
Dagli studios quindi non uscivano solo i film, ma anche tutte le immagini ufficiali degli attori, che poi debitamente stampate in cartoline o impaginate nei rotocalchi popolari creavano quell’immagine mito che poi ha decretato la supremazia del cinema americano nel mondo. Ed è proprio su questa via, prevalentemente popolare, che la glamour photography e la fashion photography arrivarono in Italia tra la fine degli anni ‘20 e i ‘30; e cioè in quella fase in cui il regime fascista ha come obiettivo d’incarnare nell’imaginario popolare la via nazionale al modernismo, fondata su valori di tradizione latina, facendo dell’ideale estetico un mezzo di propaganda politica, volta, secondo loro, a far nascere una nuova razza italica.
La diffusione di questo nuovo canone estetico fondato sul glamour è subitaneo nella schierata industria cinematografica nazionale in virtù della sua immediata presa sulle masse popolari; è anche grazie al talento di un fotografo come Ghergo che il nuovo stile comincia a diffondersi, uno stile che senza essere iconoclasta esprime il moderno nel rispetto della tradizione.
Nella sua galleria sono presenti anche importanti personaggi istituzionali ma è sicuramente con il soggetto femminile che esprime tutto il suo talento creativo, dove al posto delle rigide pose austere adottate ai tempi dal “jet-set” per la propria ritrattistica celebrativa Ghergo investe le sue nobili clienti con l’allure delle dive cinematografiche, realizzando immagini ora suadenti, ora algide e altere, con inquadrature di scorcio o sfruttando a pieno le potenzialità della composizione geometrica. Un fascino artificioso nel quale la sua committenza, soprattutto quella femminile, si lascia felicemente intrappolare.
Del Ghergo anticipatore della nascente fotografia di moda si sa già molto e anche di quanto la sua opera sia ritenuta fondamentale per l’evoluzione di quel settore specifico. In realtà il suo coinvolgimento è occasionale e limitato. La particolarità sta nel fatto che non adotta un linguaggio differente da quello abituale; questo rende la sua produzione di immagini di moda assolutamente assimilabili al resto della sua produzione stilistica di studio, rimarcandone ancora di più a distanza di tempo l’eccellente talento.
Consigliata la mostra: Arturo Ghergo – Fotografie 1930-1959. Roma – Palazzo delle Esposizioni, fino all’8 Luglio 2012
Per le immagini © Archivio Ghergo