Di Agatha Malinowski.
Fin dalla Preistoria l’uomo subì l’incanto dell’ambra, alla quale attribuì un’origine divina, per la sua capacità di apparire come una goccia di sole se illuminata da un suo raggio, per le suggestioni evocate dalla presenza d’insetti e piante al suo interno, per la capacità di attrarre, elettrizzandoli, corpi leggeri e per le sue proprietà curative se assunta in cibi e bevande. Tutto ciò ha portato a conferire all’ambra poteri magici e terapeutici e a rielaborarla in amuleti. Nell’antichità non vi era una sostanza degna di attenzione da parte di poeti e mitografi come l’ambra: neppure l’oro o le pietre dure.
La provenienza ignota spinse i Greci a tessere leggende che collegavano fenomeni fisici o elementi geografici con l’origine della sostanza stessa. La sua natura misteriosa portò a collocarne l’origine in zone per definizione impenetrabili, ai confini della terra: l’estremo Occidente. La genesi dell’ambra si allacciò al mito di Fetonte, figlio del dio Sole, che chiese al padre di condurre il carro solare con il quale egli illuminava la Terra; perdendone il controllo, il giovane bruciò il cielo generando la Via Lattea, arse foreste e prosciugò fiumi e laghi. La corsa fu fermata da Zeus che, scagliando una saetta, lo fece precipitare nei profondi vortici del fiume Eridano, antico nome del Po. Lungo le sue sponde lo piansero le sorelle, le ninfe Eliadi, che vennero tramutate in pioppi, a celebrare eternamente il loro lutto: le loro lacrime, asciugandosi ai raggi del sole, si mutarono in gocce d’ambra, trasportate dal fiume fino alle terre degli Iperborei “dai bei cavalli”.
Lo scenario mitologico che colloca la provenienza dell’ambra in Pianura Padana è confortato dalle ricerche archeologiche che hanno individuato nell’area deltizia del Po, già dalla piena età del Bronzo (1600 a.C.), il fulcro di un fiorente commercio di ambre provenienti dal Baltico. Lungo l’Elba e l’alto Reno, attraverso i valichi alpini, l’ambra penetrava in Italia scendendo verso sud, dove il mercato era gestito dalle popolazioni che lungo il bacino del Po la redistribuivano fino all’Adriatico e, infine, alla Grecia.
Il suo commercio attraversa Europa e Mediterraneo, mettendo in relazione le grandi civiltà continentali e veicolando la diffusione di elementi religiosi e mitologici. Emergono nuove e complesse credenze connesse a culti delle acque e del fuoco, emblema della potenza vitale, trasformatrice e catartica del sole. Le differenti espressioni della forza solare si esprimono su diversi piani dell’ideologia rituale e sociale: la vitalità nella riproduzione di ruote e carri solari su gioielli e oggetti di uso quotidiano, il potere di trasformazione del calore nel conferimento di virtù magiche a oggetti in metallo e l’aspetto catartico nella cremazione dei defunti, attraverso la quale l’anima si elevava al cielo. L’ambra, dolorosa trasformazione della linfa vitale e solare delle ninfe, riassume in sé tutti gli aspetti della potenza del Sole, le diverse narrazioni mitologiche e il connubio con l’acqua, divenendo talismano esclusivo che pone sotto la protezione divina guerrieri, sacerdoti e regine, dall’Europa settentrionale al Mediterraneo.
Immagine di copertina: collana in perle d’ambra, da una torbiera tra Cles e Tenno (Trento), XVI-XV sec. a.C., Trento, Castello del Buonconsiglio.