Immaginare la pasticceria degli Stati Uniti vuol dire pensare a grandi torte decorate, ricoperte di coloratissima pasta di zucchero, montate in forme bizzarre. Una moda dilagante, giunta da qualche anno anche in Italia, dove trova grande consenso tra i consumatori e qualche naso storto tra gli antichi pasticcieri. A prima vista, sembra l’importazione di un prodotto estero…
Sembra, appunto. Ma c’è chi non la pensa così. C’è Laura Saporiti, ad esempio, che dopo tanti anni passati sui libri e sui codici miniati medievali con cui si è guadagnata un sudatissimo dottorato in Storia dell’arte, ha recuperato un’innata vena creativa e ha iniziato a decorare le torte. La pasticciera – pluridecorata in prestigiosi concorsi sull’arte del cake design – ci conduce in un viaggio sorprendente attraverso la storia delle decorazioni usate in cucina: ci racconta che le pietanze dalle forme elaborate non sono affatto una tradizione americana, bensì pienamente europea e naturalmente italiana. È in epoca tardogotica infatti che la nobiltà comincia chiedere ai cuochi e ai decoratori di preparare veri e propri apparati scenografici appositamente studiati per stupire gli ospiti durante i banchetti: pietanze dall’aspetto strano e inaspettato e giochi di illusioni con costruzioni commestibili contenenti altri alimenti. Tutto ciò non ebbe carattere effimero: fino alla fine dell’Ottocento ogni pasticceria aveva il suo decoratore; poi venne il secolo breve, due guerre mondiali, e in Italia le forme dei dolci si semplificarono, fino al ritorno di questa tendenza negli ultimi anni.
Come si sta sviluppando oggi il cake design italiano? Come si possono conciliare le forme complesse – quasi progetti architettonici – con le creme vellutate, con gli impasti morbidi? È una sfida, e ottimi risultati già non mancano. Ma ancora più interessante è il fatto che in Italia il cake design si è legato subito, spontaneamente e indissolubilmente, all’arte con la A maiuscola. Tra le ultime creazioni di Laura Saporiti c’è una “lampada Liberty”, tutta da mangiare… c’è la “torta Botticelli”, le cui mattonelle di zucchero dipinte con coloranti alimentari riproducono un raffinatissimo viso del pittore fiorentino; ci sono le “uova Fabergé” e le torte a cloisonné, e non mancano le ricostruzioni golose di antichi libri riccamente decorati.
Ogni fiera ha accolto questa nuova interpretazione del cake design, tanto da destinare intere sezioni alle creazioni che prendono a modello le opere d’arte conservate nei nostri prestigiosi musei o che derivano da progetti originali, come al Sigep di Rimini o Abilmente di Vicenza, per fare solo un paio di esempi. Il confine tra l’uso dei modelli e la creazione artistica è sempre molto sottile: come è sottile la distinzione tra artigianato e arte, spesso legata a una gerarchia fittizia dei materiali piuttosto che a una valutazione del risultato finale. Nei secoli ci sono passate tutte le “arti minori”, da Vasari in poi… e si chiamavano grafica, poi fotografia, design, video, e chissà che presto non si possa aggiungere alla lista anche il cake design.