L’ingresso è sul retro, il palazzo è uno dei più belli di Parma: dimora di nobili, da molti anni ospita l’atelier di Marina Burani, e non solo… il grande appartamento e l’incantevole sottotetto sono anche luoghi di esposizione – la galleria Alphacentauri – dove si allestiscono eventi di arte contemporanea che altrove, in città, non trovano attenzione.
Marina, prima di accompagnarmi tra tele e disegni, mi racconta di una nuova rivelazione, quella della “montagna intelligente”, una forza naturale che non ha la parola ma che riesce a comunicare con potenza, che osserva l’umanità dall’alto delle sue vette, senza partecipare e consapevole che rimarrà silenziosa, imponente e uguale a se stessa per un tempo quasi eterno.
E subito si fa chiara la poetica dell’artista: il suo centro è la natura, che sia il mondo minerale, vegetale, animale o umano, si tratta sempre e comunque della venerazione per la fisicità, per l’esterno e per l’interno dei corpi, per le mutazioni che essi subiscono, per le trasformazioni di cui sono capaci. Marina Burani possiede spontaneamente una visionarietà onirica che la avvicina ai grandi surrealisti – i lavori degli anni Ottanta devono molto a Max Ernst – unita a una precisione accademica nel disegno: doti che le permettono di creare ibridi, di rappresentare mutazioni mostruose quanto inquietanti, ma anche affascinanti e sensuali.
L’origine è tuttavia quella classica, sia nella resa dell’immagine sia nel pensiero, e inizia dall’antichità latina, si sviluppa attraverso un clima gotico, per giungere a un contesto assolutamente contemporaneo. Ne sono esempi gli specchi neri, superfici di autorappresentazione, e poi le croci (anch’esse nere), i teschi e le Wunderkammern disseminate nelle vetrinette, dove gli oggetti si mescolano in un insieme significante e che si lega a doppio filo con le opere alle pareti.
La conversazione a un certo punto subisce una svolta inaspettata: raccontandomi dei suoi miti letterari – Cioran, Karen Blixen, le favole di Andersen – Marina apre i cassetti di un antico mobile e mi mostra i suoi taccuini: veri e propri libri d’artista composti di poesia e immagine, schizzi perfetti che instaurano un dialogo con i “Non voglio”, elaborazioni su versi d’altri e riflessioni su angosce di oggi e di ieri.
Sperimentatrice, quasi alchimista che trasforma le figure e gli oggetti, interprete di poesia, Marina Burani promette di svelarmi altri materiali, altre ricerche, altre fascinazioni di una personalissima visione della natura, che scala le montagne e si insinua senza pudori dentro le anatomie.