di Giovanni Ballarini
9 – Il critico-riassuntore, in un piatto, un pranzo o in un locale di ristorazione vede soltanto una trama sottile, ma a lui ben evidente. Questa trama, secondo i casi – del critico o delle condizioni concrete – è di tipo storico, sociologico, antropologico e vin dicendo, e permette di dire tante cose, ma senza giungere ad alcuno conclusione operativa e utile al comune consumatore. Questa trama per il critico-riassuntare spiega tutto, ma non permette alcun giudizio, in questi differenziandosi dagli altri tipi di critici.
10 – Il critico-tuttologo è il meno definibile di tutti, in quanto, pur parlando di tutto dal piatto al rnenù, al ristorante e tutto quanto vi sia intorno, spesso o quasi sempre non dice nulla, ma lo dice molto bene. Per questo è spesso invitato a parlare, anche perché veste bene e non parla mai male di alcuno, il che gli assicura il successo e la suo stessa sopravvivenza sociale.
Quali altri tipi di critici gastronomi esistono? Molti altri, a iniziare dal critico-sgarbato o aggressivo fino alla cattiveria verbale elevato a sistema (a tavola diviene gentile e gradevole), o il critico-gentile o suadente, persino mellifluo, senza dimenticare il critico-occulto che accuratamente si nasconde a tutti e soltanto pochissimi intimi di uno cerchia ristretta possono vantarsi di dire “io so chi è, ma non posso dirlo’. Ognuno, secondo la propria esperienza, può anche aggiungere altri tipi e varietà dì critici gastronomici, o come modificare l’esemplificazione che si é voluta dare. Il problema è o potrebbe essere un altro, ma molto difficile e forse impossibile, ovvero. come si dovrebbe esercitare la critica gastronomica? In altri termini, a cosa serve questa critica e soprattutto a chi deve essere utile? Per tentare di dare una risposte’ a questi non facili interrogativi, analogamente a quanto avviene per la critica artistica in generale (vedi il citato Roberto Escobar), bisogna forse tornare agli inizi, non solo della critico gastronomica ma della cucina stesso, quando era lo stesso uomo primigenio che mangiando un cibo preparato o anche solo assemblato dalla sua donna (spesso donne) dava un giudizio, non solo di ‘buono” o “non buono’, ma anche di merito. Non si dimentichi che in uno dei primi testi scritti, la Bibbia, i cibi buoni sono definiti ricchi di sugo o ‘succulenti” (Giobbe, 36,13 – Isaia 25,6 – Isaia 55,2 – Abacuc 1, 16),
II critico gastronomico, a parte Io sua storia personale (che forse poco interessa ai più) non dovrebbe mai dimenticare il piacere della tavola in tutti i suoi aspetti, iniziando dalla convivialità, non sempre favorita in molti locali pubblici troppo rumorosi, eccessivamente affollati e stipati (per fortuna oggi non più fumosi), con la libertà che ognuno, anche a tavola, ha di divertirsi come vuole e, anche, come può secondo le proprie possibilità.
Continua…
Copertina di Cecilia Mistrali