di La. f.
La routine cominciava alle 7.45 del mattino. Siamo a Schöneberg mio quartiere per 12 giorni, e la colazione si chiama Potemkin Cafè, locale un po’ russo un po’ crucco, sito in Viktoria-Luise-Platz, angolo di romantico verde nella capitale tedesca. Potemkin… già: senza via di scampo alle sirene cinematografiche, da subito. Il tragitto vero e proprio si consuma a bordo della metropolitana, che a Berlino si chiama U-Bahn, collegata in certi punti salienti della cartografia alla S-Bahn, la sopraelevata. Bellissima. Come avrei fatto senza queste fide ancelle, vanto del trasporto ferroviario berlinese, a raggiungere i miei luoghi del cuore, e di lavoro in quella manciata di giorni matti e vorticosi? Il mio raggio d’azione si concentrava fra Tiergarten, l’incantevole Mitte e Friedrichstraße, che taglia perpen- dicolarmente la città e ospita uno dei più splendidi esempi di architettura Art Nouveau di Berlino, il Friedrichstadt-Palast. Tagliente, notturna, lunare, aspra, estrema, stravagante e accogliente. Tutto, e il contrario di tutto, è Berlino. E in forza di questi netti contrasti, che si elidono in una delle metropoli più affascinanti d’Europa e del mondo, Berlino risulta insieme storica e futuristica e questi suoi umori perennemente cangianti si riflettono nella U-Bahn. Nei suoi passeggeri.
Giallo è il colore simbolo dei vagoni, che al contrario di quelli variopinti londinesi emanano il rigore tipico dello spirito tedesco. Dall’ingresso è un vero tuffo nel socialismo reale. Linee che si intersecano su linee nere, grigie, nelle strutture portanti, sorrette da muri inizialmente sporchi e poi ripuliti con tanto olio di gomito. Uno sporco reale e simbolico. Un color pece che evoca orrori abnormi e irripetibili. Berlino possiede un’aura negativa che non si cancella e che nemmeno essa tenta di scacciare. La rielabora nei suoi lati positivi, tanti e sorti spontaneamente, per reazione, sulle macerie preesistenti del totalitarismo. Il dinamismo di questa città culturale è imbattibile. Sempre in aperta competizione con Londra. Berlino è terra di musica, pensiamo alla Philharmonie. New York ha la Carnegie, il Radio City Music Hall, il Club 55 e tutti insieme non fanno il prestigio di questa istituzione.
Da quale punto si ode, nel cielo di Berlino, il suono di un oboe che esce dalla Philharmonie? Dalla metro in avvicinamento a Marlene Dietrich Platz, lo slargo più prossimo al palazzo. Un brusco movimento scambiatoio fra binari, ed ecco che si volta pagina e si entra nel distretto più musicale d’Europa.
Mi sono affezionata persino alla voce registrata: “Mendelssohn Bartholdy-Park!”
Effetto straniante è invece l’orchestrina che improvvisa la hit-single latino americana sulla U-Bahn. Dateci un taglio. Molto meglio il pony, le Femen, le drag queen. Abbiamo visto davvero tutto sulla metro. Quando si dice l’ambiente – umano- che crea un ambiente, di concerto allo stridere sui binari delle carrozze che ci ospitano. Una sinfonia d’acciaio, che inizia ad Alexanderplatz e prosegue a ZOOlogischer Garten, con crescendo a Berlin Hauptbahnhof, la stazione centrale. La destinazione di ogni viaggio suburbano. E doveva accadere di perdermi un pomeriggio, dandomi arie da berlinese, in un treno della S-Bahn diretto in periferia.