2. Cupe avvisaglie di travoltismo
Brunetto era la nostra nemesi, la quintessenza del soggetto maschio da discoteca, da dance-hall, da ballroom. Ma chi era realmente Brunetto? Esisteva veramente? Cosa sapevamo di lui?
Conoscevamo il nome ma non il cognome. Sapevamo che girava 24 ore su 24 senza mangiare né dormire con una Vespa 125 (allora diffusissima) di colore blu. E sapevamo che nello stesso momento in cui correva in Vespa ballava contemporaneamente su tutte le piste delle discoteche della provincia. Un’entità ubiqua quindi. Un’opprimente presenza soprannaturale (forse non fu un caso il coevo grande successo del film “L’esorcista” di William Friedkin, con il suo clima di angoscia esistenziale che andava oltre il mero effetto horror, grazie soprattutto all’atmosfera sospesa generata dalle note di Tubular Bells di Mike Oldfield; un clima che si potrebbe definire di attesa kafkiana).
A nostre spese avevamo imparato che Brunetto era il giovane più ammirato e desiderato dalle ragazze. Per loro “lui” era l’Idea stessa del giovane uomo, avvicinandosi di fatto alla teoria di Platone che aprì le porte alla metafisica occidentale. Quando ti capitava, in una di quelle rare volte, di conoscere una ragazza questa ti sparava quasi subito “In che discoteca vai?” Al che noi genesiani o tulliani o crimsoniani, ecc. con disappunto cercavamo di far capire che non gradivamo quei posti e non ci piaceva “quella” musica e che alla domenica anziché andare “là” si potevano fare altre cose più belle e intelligenti. A dire il vero non avremmo saputo proprio dire cosa, perché oltre ad ascoltare dischi altro non sapevamo fare. A quel punto già si perdeva un buon 50% di possibilità di agganciare stabilmente la tipa, in quanto lei pensava già di avere a che fare con un patetico disadattato e spinellaro compulsivo.
Poi, implacabile come una mazzata giungeva la domanda letale: “Conosci Brunetto?” E subito sorrideva estatica al pensiero di quel simpaticissimo ragazzone, summa di tutti i pregi maschili e spemi femminili. Noi tacevamo imbarazzati, al che come suggerimento lei – pietosamente ma con sufficienza – c’informava della Vespa 125 blu e della serie infinita di ragazze di cui Brunetto era o era stato il ragazzo. Variavano dalle 2000 alle 2500 ed erano sempre tutte amiche della tipa (motivo appunto per cui ella conosceva l’ammirevole Brunetto). Una volta che si ammetteva la nostra ignoranza riguardo a Brunetto, si perdevano tutte le chances pomicionesche e si veniva bollati come sfigati.
Ricapitolando: ai tempi dei Genesis (di Peter Gabriel, sia chiaro), le uniche cose che potevi davvero fare erano:
1) comprare dei dischi bellissimi ma carissimi
2) provare livore verso Brunetto, principalmente per via delle sue tante ragazze (tantissime; praticamente tutte)
Continuo tuttora ad amare quei dischi e a detestare la disco music le discoteche e l’inquietante invisibile Brunetto. Lui a sua volta se ne sbattè sempre dei miei dischi dei Genesis (di Peter Gabriel, sia chiaro). Per quel poco che credo di aver intuito, secondo me Brunetto qualche anno dopo servì da modello archetipale per la costruzione in vitro, voluta dall’industria, di un’intera generazione di consumatori acritici detti “travoltini”. I quali anch’essi come me comprarono dischi carissimi, ma però bruttissimi. Poi, passato qualche anno ancora, “egli” si dissolse sublimando nell’egregora spirituale dell’enorme folla che acquistò Abacab e iniziò ad adorare i Genesis (di Phil Collins, sia chiaro!).
E non sognò mai.