SUITE IN QUATTRO PARTI
Seconda parte: Città (segue dal numero precedente)
Quel modo ingenuamente idealistico di intendere la vita agreste era anche alla base dei fallimentari quanto teneri tentativi di creare comuni agricole autosufficienti da parte di certi giovani.
Se si tiene conto che i terreni coltivati da quei dolci sognatori, come si vede in Easy rider di Dennis Hopper buonanima, erano i più disgraziati e improduttivi proprio perché erano quelli appunto abbandonati da coloro che avevano fatto la scelta contraria di urbanizzarsi, si capisce uno dei motivi per cui il tentativo del ritorno alla terra di derivazione hippy fallì. Anche se ovviamente non fu l’unica causa della débacle.
Anche i Genesis di Gabriel cantarono la loro protesta contro l’urbanizzazione vincente. Se in Get ‘em out by friday (Sfrattateli entro venerdì) rivelarono giustamente i loro timori riguardo a un’edilizia elefantiaca manovrata da speculatori senza scrupoli, in The chamber of 32 doors dissero invece una banale stupidaggine. A un certo punto il testo della canzone affermava “preferisco fidarmi di un uomo di campagna, piuttosto che di uno di città” adducendo come motivo il fatto che il villico “lavora con le proprie mani”, più altre sciocchezze. Ma l’uomo di campagna, cioè l’agricoltore o come dicono le favole “il contadino”, non era personaggio degno di molta fede e questo a cominciare dal fatto che a quei tempi, nonostante egli guadagnasse molti soldi (cifre che operai e impiegati neanche si sognavano) piangeva ipocritamente miseria. Chiaramente sto parlando di quelli che possedevano del buon terreno e non degli altri che avevano abbandonato la professione.
Inoltre “il contadino” non amava affatto la natura, perché ne aveva una visione unicamente utilitaristica. Era molto ignorante e fiero di esserlo, e considerava stramberie inutili tutto ciò che riguardava l’arte. Per lui la musica si esauriva in cose tipo liscio e odiava i capelloni hippy che invece lo avevano eletto al ruolo di eroe romantico paladino di sacri valori e difensore di paesaggi incontaminati. Purtroppo anche su quest’ultimo punto i giovani ingenui si sbagliavano, perché sempre ai tempi dei Genesis di Gabriel, “i contadini” resisi conto di avere accumulato dei notevoli gruzzoli, cominciarono ad abbandonare le avite dimore rurali e iniziarono ad attentare alla bellezza della campagna costruendo per sé nuove villette monofamigliari prive di gusto.
La verità è che la cultura popolare di origine rurale era morta e agli uomini di campagna (di cui ci si sarebbe dovuti fidare perché lavoravano con le proprie mani, stando a Gabriel & Co.) non importava un accidente.
Così, sempre ai tempi dei Genesis, dalla Gran Bretagna e dalla Francia alcuni gruppi di giovani musicisti seri e capaci iniziarono a scavare alla ricerca delle proprie radici culturali e fondarono una corrente che venne definita Folk Revival. Gente come Pentangle, Fairport Convention, Steeleye Span, Alan Stivell, Lyonesse, eccetera, non solo ci riproposero con successo la musica che i campagnoli non volevano più sentire (e di cui addirittura si vergognavano), ma impararono a ricostruire con grande abilità anche gli strumenti della tradizione caduti in disgrazia.
Intanto però andava per la maggiore la facile retorica di Cat Stevens che cantava Where do the children play? (Dove giocheranno i bambini?) non sapendo che già perfino allora lo spazio verde sul quale i bambini potevano giocare era maggiore nelle città che nelle squallide campagne razionali e iperproduttive.