Si chiama Jodel ma non è tirolese. Per costruirlo servono un progetto, una struttura in legno tipo armadio IKEA, del Dacron, il motore di un Maggiolone, i freni di un’Apecar, una cantina o un garage dove lavorare. Ha i colori di un giocattolo Lego ma vola, e ci si può anche girare il mondo: è un aereo autocostruito.
Di progettazione francese, lo Jodel è diffusissimo, realizzato in vari modelli; il nome viene dalle iniziali dei due progettisti, Joly e Delemontez. Ha circa 9 ore di autonomia: con un pieno, a 170 km/h, percorre 1500 km circa; può trasportare due persone, costa come una buona utilitaria ma consuma meno: per fare un esempio, nel tragitto Parma-Bologna il motore resta in funzione solo mezz’ora. Niente traffico o semafori.
Amedeo, ingegnere aeronautico di Parma, ne possiede uno. «Nella seconda metà degli anni ‘80 in città era attivo un gruppo di appassionati che hanno iniziato a costruire aerei in casa, documentandosi sulle riviste americane; io allora ero studente universitario e ho iniziato a collaborare con loro, infine ne ho comprato uno. Questi velivoli si possono costruire utilizzando dei kit, caso in cui occorre dimostrare di aver costruito più del 51% della macchina in termini di ore lavorate, oppure partendo da progetti: si compra il legno, si compra il ferro, si seguono i disegni… il mio aereo è stato realizzato interamente da disegni, a parte ovviamente il motore e gli strumenti. Per gli italiani sono una curiosità, in altri paesi sono invece molto diffusi: negli Stati Uniti gli homebuilder organizzano eventi per avvicinare i bambini al mondo del volo»
Gli autocostruiti nascono per la didattica e il tempo libero, non per usi commerciali: perciò al momento della vendita la legge fa decadere l’aeronavigabilità della macchina. L’appassionato può studiarsi un progetto, realizzarlo, volarci – tutto sotto il controllo dell’ENAC o del C.A.P, Enti Certificatori – dopodiché viene autorizzato a farne la manutenzione, diventando responsabile della macchina in tutto e per tutto. Nel momento in cui il costruttore decide di venderlo, il velivolo torna a essere una semplice serie di pezzi di legno incollati e il nuovo proprietario (come nel caso di Amedeo) prima di essere autorizzato a “volarlo” deve dimostrare all’ente specifico le sue capacità di gestire la macchina in prima persona.
Questo particolare Jodel ha un nome? «Sì, o meglio, ha marche d’immatricolazione che mi rispecchiano molto: I-LONE», risponde Amedeo. «L’attività di manutenzione e volo è molto vicina a quella della vela o della moto, con queste macchine si può girare il mondo o semplicemente godere della sensazione di libertà che danno».
Qualche link per i curiosi:
Il sito del Cap Emilia-Romagna
All’estero: