SPARKS, Indiscreet, Island 1975
Ai tempi dei Genesis di Peter Gabriel, c’era tanta musica buona. Proprio tanta. Limitandoci alla sola Gran Bretagna, oltre al progressive poi divenuto classico tipo Genesis, King Crimson, Van Der Graaf Generator e via suonando, esistevano altri generi degni di grande attenzione, come la cosiddetta “scuola di Canterbury” di Soft Machine e Caravan o il glam rock inventato da Marc Bolan e perfezionato da David Bowie.
Il disco maltrattato per il quale voglio spezzare una lancia questa volta viene generalmente assimilato al glam inglese. E infatti ciò è corretto nonostante due contraddizioni o paradossi:
1 Gli Sparks erano americani e più precisamente californiani
2 Indiscreet appartiene a quell’area musicale che forzando un pochetto potremmo definire “musica totale”, in quanto per ecletticità somiglia più al prog e al dada canterburiano sommati a formule e soluzioni aperte come accade in molte opere di Todd Rundgren (loro scopritore e primo produttore) e Frank Zappa, personaggi molto geniali ma anche molto americani.
Indiscreet del 1975 segue a ruota i due straordinari best seller usciti entrambi nel 1974 per la Island, Kimono my house e Propaganda, che trasformarono la band californiana in un gruppo dandy e paraglam inglese, riuscendo anche nell’impresa di toglierli dall’indigenza. I fratelli Ron (tastiere) e Russell (voce) Mael, compositori e vero cuore degli Sparks, una volta conseguito il successo con una formula musicale originalissima, intelligente e divertente come poche altre, decisero di fare il capolavoro, il must del suono sparksiano. Abbatterono i pochi limiti che fino ad allora si erano imposti e mescolando hard rock, vaudeville, operetta, cabaret weimariano, Broadway melodies, Tin Pan alley sound, Shirley Temple style, bande militari, cori anni ’40, folk hillbilly, eccetera, in un mix straordinario e inebriante, riuscirono nell’impresa di consegnare alle presse un favoloso 33 giri.
Ma come da notoriamente triste e scontato programma, il lavoro non piacque moltissimo né a critica né a pubblico e segnò l’inizio della lentissima decadenza di una band che fortunatamente è ancora in attività. Un’entità musicale che anticipò la new wave e più tardi il techno pop, e una delle più stimate e citate da moltissimi musicisti.
Indiscreet per varietà di colori e climi ricorda più Sgt Pepper che Ziggy Stardust o For your pleasure. Vale la pena ricordare che Bryan Ferry detestava apertamente gli Sparks, mentre i fratelli Mael fingevano sempre di non aver mai sentito parlare dei Roxy Music, con il loro tipico umorismo sempre presente nei testi e nell’iconografia. Date un’occhiata alla copertina di Indiscreet e all’aspetto di Ron, sempre con baffetti e brillantina mentre incarna esattamente il luogo comune degli anglosassoni riguardo al tipo dell’italiano immigrato.
Sparks, Indiscreet. Semplicemente fantastico.