Chissà se Paul apprezzerebbe l’appellativo “ragazzo”? Perché così viene spontaneo chiamarlo nonostante i suo i 43 anni. Forse è la fermezza nel raccontare una professione – il cuoco – che è arrivata come le stagioni; non puoi mica fermarle?! Così la sua creatività. Un tempo si trattava di disegno, pittura, fotografia; poi le forme e i sapori sono diventati, per definizione, il suo mezzo espressivo e l’influenza di personaggi come Marco Pierre White e Alain Passard hanno fatto il resto.
Ecco così che sir Paul Canningham oggi è l’altra possibile faccia di una cucina che delle stelle ha scelto l’essenza: ricerca, lavoro d’equipe e calma sono il punto di svolta di una carriera che volge alla campagna (Jutland – Danimarca) riportando Paul direttamente alle origini. A sostenerlo, una formazione classica e i sapori del Nord. È tutta sua invece, la creatività che firma una cucina semplice ma di gran carattere.
Dopo il successo di “Tivoli” e la stella Michelin è stato difficile lasciare Copenaghen per un nuovo progetto in campagna?
«L’Henne Kirkeby Kro in realtà non è un nuovo progetto. Per me è stato come fare un salto indietro a quando il nonno, con i suoi orti, provvedeva a sfamarci».
Cosa non manca mai dalla sua dispensa?
«Aglio e burro; uova, latte e formaggi dei piccoli produttori. E poi ancora, olio extra vergine, ortaggi freschi del mio orto e marmite (una pasta spalmabile di concentrato di brodo)».
I punti di forza e debolezza della sua cucina
«Oltre ai tanti aspetti ancora da rodare, è il clima sereno il valore aggiunto del ristorante. Siamo un team di pensatori, oltre che di cuochi!»
Cosa caratterizza il suo lavoro?
«Soprattutto l’onestà professionale. Sono circondato da prodotti fantastici; dal mare e fattorie; da un orto che curo personalmente, sempre rigoglioso.