Il film “Goodbye Lenin!” è uscito nei cinema nel 2003 diventando immediatamente un cult.
Questo perché, attraverso le vicende dei protagonisti, illustra molto chiaramente e con brillante ironia il fenomeno della “ostalgia” (dal tedesco “ostagie”, una parola composta dalla fusione di “ost”, est, e “nostalgie” cioè nostalgia), la nostalgia dei tempi della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e il senso di affezione per tutti i prodotti del rude socialismo tedesco.
L’ostalgia ha molte facce. Quella più popolare è legata al design degli oggetti di uso comune, all’arredamento e soprattutto al mito indissolubile, nonché orgoglio assoluto dell’industria motoristica della Germania dell’Est, della Trabant: la “vera” auto del popolo. Su un’altra faccia, un po’ meno luminosa, potremmo vedere il vantaggio di una stabile esistenza sotto le ali protettive di uno stato che provvedeva a tutto; su un’altra faccia ancora c’è l’oscurità, il grigiore di una vita passata all’interno delle strutture di una rigidissima dittatura comunista che tutte le libertà individuali vietava e che di tutto sospettava. Dopo la riunificazione, tutto il patrimonio della DDR non aveva più alcun senso di esistere ma fortunatamente tutto questo è entrato a far parte della storia contemporanea della Germania: anche grazie alla fotografia.
Sybille Bergemann, Harald Hauswald, Ute Mahler e Werner Mahler in quegli anni sono quattro giovani fotografi che con i loro diversi modi di raccontare la vita quotidiana ai “tempi dell’est” (Ostzeist – il titolo della mostra) ci permettono di osservare quello che veramente significava essere popolo nella DDR dagli anni ’70 fino alla caduta del muro e di conseguenza di tutto il “sogno” socialista.
Il lavoro dei minatori nudi nelle miniere di lignite che sembrano arrivare da un secolo prima, i riti delle parate del primo maggio letti attraverso gli occhi disincantati dei manifestanti che tutto sembrano augurare ai loro governanti tranne che lunga vita al socialismo, i dancing grigi e fumosi dove si servono polpette di carne e wurstel, e dove il mercoledì l’ingresso era gratuito alle donne sole e gli uomini che aspettavano di essere invitati al ballo; o ancora, i giovani acrobati del circo, bambini troppo cresciuti che dimostrano almeno il doppio della loro età; il sarcasmo delle statue incomplete di Marx ed Engels e anche le foto di moda scarne e povere realizzate in contesti improbabili. Perdersi in questa antologia di immagini è un po’ come passare un pomeriggio di una giornata di pioggia con le mani dentro una vecchia scatola di fotografie; ma anche avere la fortuna di poter osservare da una prospettiva privilegiata il lavoro di questi bravissimi fotografi.
Nel 1990 questo “dream team” più altri fotografi della ex-DDR hanno fondato l’agenzia OSTKREUZ (Croce dell’Est), che prende il nome dalla più grande e importante stazione della ferrovia urbana di Berlino che in quegli anni affacciava sul confine ovest del muro. Oggi è l’agenzia più importante di tutta la Germania.