Anne Bachelier è una surrealista pura, bretoniana nel senso filologico del termine. Il suo è un surrealismo tutto teorico perché seppure la sua Arte sposi in toto “il meraviglioso, il sogno, la follia”, come da manifesto, ne riesce a fare a un certo punto carne e sangue. La Bachelier invita chi si accinge a osservare le sue opere a unirsi a quelli che lei chiama ‘thought-beings’ in “un perpetuo rituale di rivelazione e trasformazione”.
Quasi forme-pensiero di teosofica memoria, i soggetti dei suoi personalissimi rituali in pittura comunicano (proprio come sostenevano Besant e Leadbeater*) attraverso lo spazio, la forma e i colori, le energie date dall’indice di vibrazione della vitalità che pervade ogni sua tela. C’è qualcosa di sacrale nelle opere di Anne e lei, quasi una sacerdotessa della sua Arte, ci guida oltre il velo di un tempio sacro alla dea Pittura officiandone il Mistero. Come in ogni tempio che si rispetti, il Tempo e lo Spazio sono sospesi, le atmosfere diventano cupe e rarefatte, lo spettatore assiste al dispiegarsi di un dramma catartico quasi onirico, mentre gli si dischiude innanzi un intangibile ed etereo mondo al di là della cortina della Ragione che è allo stesso tempo potente, tranquillo e protettivo.
I suoi quadri sono visioni di cui, come ebbe a dichiarare l’Artista, lei non fa che un reportage credendo sinceramente di essere solo il tramite e non la genesi della sua opera. Ha recentemente appuntato sul suo blog, a proposito della sua Arte e a commento di alcuni schizzi:
“Quand je laisse aller
le crayon sur le carnet de croquis…
Peintures en devenir??? Peut être.
Una terzina che racchiude, se non tutto il suo metodo, almeno un po’ della sua magia.
I suoi personaggi incarnano archetipi sempiterni, vivi in ognuno di noi, impegnati in questioni di grande importanza e su grande scala. Le visioni di Anne Bachelier catturano il macabro con grandiosità, la potenza e la bellezza avvincente. Sebbene i suoi lavori siano stati rispettosamente paragonati a quelli di Goya, Moreau, Magritte e Fini, bisogna riconoscere che Anne ha innegabilmente prodotto un cosmo artistico incantato e completamente suo. Creature tra il mitologico e il fantastico si alternano a streghe e fate in un’eterna danza di trasmutazione e rigenerazione che ci incanta con metamorfosi e transizioni che danno perpetuo movimento alle immagini. Per più di venticinque anni ha imprigionato sogni sulle sue tele, al punto di essersi meritata dal magazine internazionale Gallery & Studio il soprannome di “incantevole Shahrazād dell’Arte”.
* nota: “Le Forme Pensiero”, Annie Besant – Charles Webster Leadbeater, prima ed. 1905
Linkografia
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