Nel 1813 morì a Parma Giambattista Bodoni, e la città dove visse e dove poté diventare “principe dei tipografi” gli dedica una mostra dislocata in varie location all’interno del complesso della Pilotta: il percorso comincia in Biblioteca Palatina, nella Galleria Petitot, per poi proseguire nelle sottogradinate del Teatro Farnese e concludersi nell’ala napoleonica della Galleria Nazionale.
L’esposizione ricostruisce con esattezza, partendo da una breve ma preziosa rassegna della storia della stampa, sia l’intero processo di realizzazione e di commercializzazione dei volumi usciti dai torchi di Bodoni, sia il contesto culturale, economico e istituzionale – quello delle corti italiane ed europee e degli interlocutori a cui fu legato – che nello stampatore trovarono un artista eccellente in grado di dar forma a libri che erano e sono tutt’ora oggetti di design, ammirati e desiderati dalla nobiltà che li utilizzava come status symbol da esibire tanto quanto vere opere d’arte.
Bodoni arrivò a Parma da Saluzzo nel 1768 e, tramite personaggi di grande lungimiranza quali Guillaume Du Tillot, ministro del duca don Filippo di Borbone, e il bibliotecario Paolo Maria Paciaudi, ebbe l’incarico di fondare una Stamperia Reale, dalla quale uscì, tra le prime opere, il raffinatissimo libro di feste per le nozze di Ferdinando di Borbone con Maria Amalia. Da quel momento Bodoni diventò una vera e propria celebrità: richiesto dal Papato e dalle maggiori case reali, gli venne addirittura dedicata un’Apoteosi che lo ritrae incoronato e circondato, sotto l’egida di Minerva, da tutti gli autori da lui pubblicati.
Le edizioni bodoniane (in totale circa 1500) si caratterizzano per una maniacale attenzione a ogni fase del lavoro, dalla produzione dei punzoni disegnati appositamente da Bodoni alla composizione della pagina con gli antichi caratteri mobili, fino al perfezionamento delle tecniche di stampa su carte selezionatissime o su supporti speciali come seta e pergamena, e infine all’attenzione per le illustrazioni dei libri e alle legature. Tutto sempre con obiettivi di qualità ed eleganza elevati e senza dimenticare quello che oggi definiremo marketing delle preziose edizioni. Ne sono esempi eccellenti il Manuale tipografico, edito postumo dalla vedova nel 1818, una serie di tavole di caratteri – ancora oggi alla base del moderno font “Bodoniano” e di tutta la comunicazione grafica che vuole esprimere “italianità”, si pensi a quella di epoca fascista o all’utilizzo da parte di stilisti come Giorgio Armani o Ferrè che sfruttano l’aura “lussuosa” del carattere – o ancora l’immane opera Oratio Dominica (Padre Nostro), pubblicata in 155 lingue, con l’impiego di ben 215 caratteri diversi.
Alla morte di Bodoni l’intero complesso di strumenti, volumi e carte personali si trovava ancora intatto; grazie al direttore della biblioteca, Angelo Pezzana, fu acquistato con il sostegno di Maria Luigia d’Austria per sole 50.000 lire e ora costituisce il nucleo del Museo Bodoniano, rarissimo esempio di collezione pubblica completa e coerente di materiali tipografici antichi.
Bodoni (1740-1813). Principe dei tipografi nell’Europa dei Lumi e di Napoleone
A cura di Andrea de Pasquale
Biblioteca Palatina, Teatro Farnese, Galleria Nazionale
Parma, Palazzo della Pilotta, Strada della Pilotta, 3
fino al 12 gennaio 2014
Tel. +39 0521220449